Le rane bollite
Di Marco Malavasi
http://www.eureka.gr/
Alcuni giorni fa leggevo di un esperimento realmente
efettuato in un'università americana alla fine del diciannovesimo
secolo che, con poco rispetto per gli animali da
laboratorio, ha dimostrato qualcosa di incredibile: gli scienziati hanno
gettato una rana in una pentola di acqua bollente, e
questa è immediatamente schizzata fuori con un gran salto, per salvarsi da
quella che sarebbe stata un'orribile morte certa. E qui la sorpresa: se la rana
viene posta nella pentola con acqua fredda che i
ricercatori poi iniziano a riscaldare lentamente ma
in modo costante l'animale rimane nella pentola “adattandosi” alla crescente
temperatura fino a finire bollita. A questo punto ho
visto un parallelismo agghiacciante: proviamo a sostituire il gruppo dei
ricercatori con l'elite che ormai governa al ribasso non più attraverso la
politica - ma con la finanza - questo mondo sempre più brutto e sempre più
globalizzato, la pentola e l'acqua con la caterva di provvedimenti e di “misure
economiche” che ormai da
anni vengono propinate in Grecia, ma anche in Italia
e non solo, con cadenze da goccia cinese, dai vari “governi” più o meno eletti
dal popolo.
Chiaro adesso chi fa la rana? Ecco perché lo trovo agghiacciante;
e a nulla valgono le giustificazioni del tipo «ancora la gente non è arrivata
al limite, ma tra un pò reagirà»: con tutta probabilità la rana, mentre l'acqua
si faceva sempre più calda, faceva le stesse elucubrazioni. Mi si potrebbe
obiettare che, fino a prova contraria, gli esseri umani hanno capacità cognitive
molto superiori
a quelle delle rane; a parte il fatto che ciò non è sempre
vero, proviamo a riportarci indietro nel tempo, a pochi anni fa, e ad
immaginare che in un telegiornale qualsiasi venga data la notizia che di punto
in bianco le relazioni nel mondo del lavoro, gli stipendi e le pensioni, gli
ammortizzatori sociali ove presenti, insomma tutta la nostra vita, e quel che è
peggio, quella dei nostri figli avessero subito con decorrenza immediata i
cambiamenti e tagli come quelli che poi ci sono stati imposti: ebbene quale
sarebbe stata la nostra reazione?
Saremmo o no schizzati fuori dalla pentola e direttamente
nelle piazze per difendere le nostre vite come la rana messa nell'acqua
bollente? Facciamoci caso: la cadenza degli annunci e delle decisioni – imposizioni
segue la logica del pescatore: tenere la lenza sempre in tiro per evitare che
il pesce si liberi, concedendo alla bisogna anche qualche metro di filo, tanto
poi lo recupera a gioco
lungo,
senza fretta, ma inesorabile come l'acqua che si fa sempre più calda. L'esperimento
ci insegna questo: una volta che si preferisce, invece di reagire prontamente e
con forza per salvaguardare se stessi, il prossimo, chi ci è caro e non ultimi
i valori in cui crediamo e tutto ciò che chi ci ha preceduto ha conquistato per
noi a prezzo anche della vita, ci adattiamo e tiriamo a campare, con ogni
probabilità si finisce bolliti (e mazziati). Il problema non è il “quando” reagire,
ma il “se” reagire; con
tutta
probabilità la rana che finì bollita, nell'adattarsi all'acqua sempre più
calda, all'inizio si è anche sentita bene al calduccio
-
in definitiva il cambiamento si poteva accettare - oppure pensò che «c'è chi
sta peggio» e questo le ha fatto rimandare il
momento
in cui spiccare il salto di cui sarebbe stata capacissima, la pentola non era
coperta, e che la avrebbe salvata dalla
morte
atroce a cui andava incontro: sicuramente poi ad un certo punto, quando il
calore diventò sgradevole, commise
l'errore
fatale di credere che magari si trattasse di una cosa passeggera: quante volte
lo stagno si era riscaldato in estate.
Purtroppo,
quando poi la situazione si fece davvero insostenibile a tutto intorno diventò invivibile,
l'amara scoperta:
non
aveva più la forza di spiccare quel salto tante volte rimandato.
Mi
chiedo a questo punto se il funesto esito dell'esperimento sia poi colpa solo
dei sadici ricercatori, i quali, se accusati di
aver
ucciso la rana, potrebbero sempre obiettare che stavano facendo solo il proprio
mestiere, che la pentola era scoperchiata,
che
la scienza – ogni scienza - può causare vittime che si chiamano effetti collaterali,
che nessuno in definitiva aveva costretto la rana a rimanere nell'acqua.
E
questa è una grande verità: non possiamo sicuramente aspettarci che chi causa
il male altrui si preoccupi delle vittime del suo “lavoro”, che chi vorrebbe riportarci
indietro di duecento anni ci venga a mettere l'ora legale all'orologio; perciò
non esistono alibi: se gli “scienziati” fanno il loro lavoro, è solo e soltanto
compito delle rane di tutto il mondo fare quel salto che può salvare loro stesse,
i loro discendenti, gli ideali per cui altri hanno dato la vita perchè la
pentola in cui
erano aveva il coperchio.