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| Parole armate. | |
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Autore | Messaggio |
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Ospite Ospite
| Titolo: Parole armate. Ven 29 Gen - 18:26 | |
| Da un articolo del Messaggero - http://spettacoliecultura.ilmessaggero.it/libri/parole_armate_la_retorica_califfato_ha_disarmato_occidente_saggio_di_philippe_joseph_salazar-1510605.html
"Pensare che le armi cedano il passo alla parola, per il filosofo Philippe-Joseph Salazar, è una delle più grandi illusioni pacifiste. «La verità - secondo l’intellettuale francese - è che le armi amano le parole. O meglio, trasformano le parole in armi nuove». Una tesi che introduce una serie di osservazioni acute, provocatorie a volte, contenute nel saggio di Salazar "Parole armate. Quello che l’Isis ci dice e noi non capiamo", edito da Bompiani. Vincitore del "Prix Bristol des Lumières 2015", il libro è uno studio inedito sui modelli di persuasione dello Stato Islamico perché, come si legge nella trattazione, fin dalla loro fondazione, il salafismo jihadista e la sua incarnazione armata, il Califfato, hanno dichiarato una guerra planetaria di comunicazione e, soprattutto, di persuasione di massa."
Non ho letto, e penso che non leggerò, il libro di Salazar: l'articolo è mediocre, il libro spero che sia migliore, per coloro che lo leggeranno. In ogni caso, sia pure a fatica, si capisce grosso modo la tesi dell'autore. Non uso la citazione dell'articolo, e indirettamnte del libro, come espediente per aprire un argomento, evitandomi la responsabilità e la fatica di "pensare con la mia testa" e parlare in prima persona - lo dico, ricordando il giusto rimprovero che fece Micol, sia pure parlado in generale, senza un bersaglio preciso. In altre occasioni infatti ho provato a sollevare il medesimo argomento di cui si occupa Salazar, avendo un visione simile a quella che mi sembra la sua. E 36 ore fa ho scritto, qui, un post nel quale parlavo di convivenza di "epoche" diverse, e con ciò anche di "mitologie comunicative" diverse. Su scala più ridotta, analoghe riflessioni facevo negli anni '90, di fronte alla carica comunicativa della destra berlusconiana, a fronte della quale si rendeva evidente l'afonia della sinistra. |
| | | cardif
| Titolo: Re: Parole armate. Ven 29 Gen - 19:18 | |
| L'altro giorno avevo letto questo su Focus di questo mese: Il semiologo Paolo Fabbri a proposito del political correctness (PC) dice:
"La PC mostra che la lingua è impregnata di forze emotive, ed è in continua evoluzione.: per esempio, il termine neutrale islamico sta diventando sinonimo di fanatico e terrorista. La PC non è un giochetto chic. Cambiare linguaggio è il primo passo per cambiare il mondo: chiamando le stragi parigine di novembre 'guerra' e non 'attentati', il Presidente francese Hollande ha potuto legittimare i bombardamenti all'ISIS in Siria".
In quanto alla persuasione di massa, ne abbiamo visti tanti casi da noi. Colin Powell è solo un piccolo un esempio dal grande effetto. E' un'arma nota. Si può contrastare con l'informazione completa e non artefatta.
cardif | |
| | | Ospite Ospite
| Titolo: Re: Parole armate. Ven 29 Gen - 22:23 | |
| Qual è il problema?..Infondo è solo un centimetro oltre la consapevolezza che il mondo, la storia, non appartiene ad alcuno di noi. Fa male, lo so ma siamo in buona compagnia o almeno io lo sono. |
| | | Ospite Ospite
| Titolo: Re: Parole armate. Ven 29 Gen - 22:59 | |
| Rom.
Non credo che le parole siano armi potenti. Il 95% delle persone , negli anni '90, non sono state affatto coinvolte dalla retorica berlusconiana, che non ha vinto. In un posto così piccolo, il mondo, non possono convivere tutti, qualcuno deve accettare , come propria, la costruzione del pensiero altrui, e abbandonare il suo punto di vista. Ciao |
| | | Ospite Ospite
| Titolo: Re: Parole armate. Ven 29 Gen - 23:00 | |
| - Myosotis ha scritto:
- Qual è il problema?..Infondo è solo un centimetro oltre la consapevolezza che il mondo, la storia, non appartiene ad alcuno di noi. Fa male, lo so ma siamo in buona compagnia o almeno io lo sono.
La brevitas è una bella cosa, ma questa non l'ho capita, Myos. |
| | | Ospite Ospite
| Titolo: Re: Parole armate. Ven 29 Gen - 23:42 | |
| - cardif ha scritto:
- Il semiologo Paolo Fabbri a proposito del political correctness (PC) dice:
"La PC mostra che la lingua è impregnata di forze emotive, ed è in continua evoluzione. Paolo Fabbri ha fatto un po' la scoperta dell'acqua calda - versione dotta dell'affermazione di Nanni Moretti "le parole sono importanti", che nel caso del regista hanno però il senso del'illuminazione improvvisa che mette in bocca a un personaggio comune. Detto da un semiologo, è come se un medico dicesse "la tua ultima analisi del sangue mi ha fornito alcuni dati sul tuo stato di salute". Ma in realtà non è in discussione nemmeno il concetto di persuasione di massa, che ormai abbiamo inserito stabilmente nella nostra consapevolezza. Il problema che mi ero posto, in relazione all'estremismo islamico, era capire quale tipo di persuasione esercitasse, e verso chi, e quali fossero le ragioni per cui funzionasse, sia nelle società musulmane, sia in alcuni settori o in alcuni individui delle società occidentali. Nel veder agire le "forze emotive" di un certo tipo, vediamo allo stesso tempo manifestarsi delle "debolezze emotive" (o intellettuali, o comunicative) di segno diverso o contrapposto: bisogna chiedersi perchè le prime sono "forze" e le altre sono "debolezze". Quando forze e debolezze sono di ordine culturale, psicologico, emotivo, capire queste dinamiche serve a capire i soggetti che ne sono protagonisti - singoli individui e interi corpi sociali, intere comunità. Per questo parlai, qualche mese fa, della "supponenza dell'occidente", e della stessa civiltà democratica: la democrazia suppone che la sua virtù sia non solo auto-evidente (basta che la democrazia mostri se stessa), ma che sia automaticamente persuasiva e vincente, in quanto corrisponderebbe a una sorta di "tendenza naturale" della coscienza. Salazar parla di "altre parole" contrapposte alle nostre, che diventano armi non solo perché affiancano o perfino fomentano una lotta armata, ma perché fanno la loro parte nella battaglia di parole contro parole che avviene nelle coscienze. Micol. La convivenza di "coscienze diverse" (tanto diverse da identificarsi con epoche diverse) non è cosa che noi accettiamo o rifiutiamo: c'è, e basta. E le parole, la cosceinza è l'arma in assoluto più potente che esista e che è sempre esistita: tutti gli statisti e tutti i grandi strateghi se ne sono serviti. Il berlusconismo ha vinto su tutta la linea, molto più di quanto abbia vinto sul piano elettorale - e su quello elettorale ha vinto molto, altro che 95 % contro. |
| | | Ospite Ospite
| Titolo: Re: Parole armate. Sab 30 Gen - 0:31 | |
| Rom.
Il berlusconismo ha vinto sul piano elettorale e ci ha portato via le ultime due elezioni, e perderemo anche le prossime elezioni, e piu' rumorosamente, per problemi che tutti sappiamo, l'odio per il diverso, la paura di dover spartire con lui le poche risorse che lo stato offre al misero e così via.
Le altre questioni che vuoi affrontare in un forum di venerdi' sera, quando moltissimi sono in partenza per il week-end, sono difficili.Io ho qui due miei conoscenti, laurea in Legge, e ho chiesto loro cosa avrebbero scritto in questo 3D, e mi hanno risposto :nulla. Non conoscono tutte le tribù della Libia, le varie correnti del salafismo jidaista, mi dicono, sì certo, le parole sono importanti, appunto lo diceva pure Moretti( ma dove?), ma non saprebbero risponderti. Dove hai pescato questa sera questo libro per farci scappare tutti a vedere carosello in tv, il papa ha chiamato due comici ( Benigni e Giacomo Poretti- quello di Aldo, Giovanni e Giacomo)) per presentare il suo ultimo libro , che va alla grande, e tu tiri fuori questa cosa complicatissima, dobbiamo parlare di coscienze, e di Freud pure, di salafiti, di cio' che è accaduto a Parigi, l'ultimo anno, e delle altre uccisioni in tutto il mondo, di cultire diverse che devono convivere, hai detto niente, troppo difficile , Rom, il tema in questione, io non so che altro dire, dovrei smembrare l'argomento, è troppo complesso. Ciao |
| | | Ospite Ospite
| Titolo: Re: Parole armate. Sab 30 Gen - 1:02 | |
| Io non "voglio" affrontare niente, ho solo detto quattro cose che penso - il che riesce perfino il venerdi sera, anche senza prendere anfetamine o inebriarsi di assenzio. Essendo un forum, chi volesse aggiungere qualcosa può farlo con comodo anche più in là. Immagino che, data l'ora tarda, il tuo "ho qui due conoscenti laureati in legge" sia metaforico, a meno non ti abbiano arrestato e tu hai chiamato i tuoi avvocati dal commissariato Mi vuoi dire che perfino due laureati in legge non sono in grado di dire nulla, e quindi figuriamoci cosa possiamo fare noi quattro disgraziati, qui che siamo? Credo che non serva esattamente conoscere le tribù della Libia, per avere qualche idea a riguardo. E non credo che io stesso, se un'amica gira verso di me il monitor e mi fa leggere un pezzetto di forum, non mi metterei a emanare fumi di sapienza geopolitica, o sociologica - più probabile che faccia qualche battuta, magari sull'avatar di un Rom a cavallo con le penne in testa ... |
| | | Ospite Ospite
| | | | cardif
| Titolo: Re: Parole armate. Sab 30 Gen - 13:27 | |
| Nel riportare la frase di Fabbri mi sono affidato alla prima impressione: una certa assonanza con quelle di Salazar. Mi pare che il legame stia nella forza di persuasione : in Salazar nelle armi, in Fabbri nelle parole. Più che le armi in sé, è l'uso che se ne fa ad essere dirompente, o 'convincente', secondo quelli dell'IS. Non tanto i miliziani armati dell'IS quanto la pistola in mano ad un ragazzino che spara alla nuca di un uomo ad essere orribile. O la scimitarra nel momento che decapita. Secondo me le fucilazioni, le decapitazioni, il lasciare i corpi appesi a vista comunicano orrore, e quindi terrore, mezzo di repressione. Anche il corpo di Braveheart fu smembrato e le membra esposte in vari punti, a monito contro la rivolta. Anche i cinesi fucilano negli stadi pieni di spettatori, per dare l'esempio di ciò che accade a chi 'sbaglia'. Orrore e terrore per reprimere, soprattutto la popolazione locale, per ottenere il dominio su un territorio. La fialetta come prova dell'esistenza di armi di distruzione di massa in Iraq, inesistenti. Le foto di un cormorano coperto di petrolio, che non erano state scattate nel golfo persico, mostrate come effetto della distruzione dei pozzi di petrolio del Kuwait da parte dell'Iraq, forse solo per iniziativa girnalistica. Sono simboli, falsi, che hanno convinto l'opinione pubblica mondiale a sostenere due azioni: le due guerre all'Iraq dei Bush figlio e padre. La falsità per poter fare ciò che i propri interessi richiedono. La conseguenza è morte e distruzione, in entrambi i casi. Casomai sostenute da chi produce armi o ha contratti per il ripristino dei pozzi di petrolio o ha interessi miliardari nella ricostruzione ( Cheney, Rumsfeld, Rice, Natsios ...) Non so se preferire chi mi punta una pistola o chi m'imbroglia per farmi fare una stessa cosa. Certo, il primo è più rozzo, il secondo è più raffinato. In entrambi i casi, però, viene annullata la mia libertà. E questo mi dà fastidio, non ci vedo tanta democrazia. Soprattutto se a farlo è chi dovrei ritenere 'amico'. In effetti 'parole armate' è l'altra faccia di 'armi che parlano'. Qualcosa è uscita, anche se non sono un avvocato . Anche se non so ancora bene quale sia la mia 'opinione', in questo caso. Fatti a confronto per farmene una. cardif | |
| | | Ospite Ospite
| Titolo: Re: Parole armate. Sab 30 Gen - 13:34 | |
| - Rom ha scritto:
- Da un articolo del Messaggero - http://spettacoliecultura.ilmessaggero.it/libri/parole_armate_la_retorica_califfato_ha_disarmato_occidente_saggio_di_philippe_joseph_salazar-1510605.html
"Pensare che le armi cedano il passo alla parola, per il filosofo Philippe-Joseph Salazar, è una delle più grandi illusioni pacifiste. «La verità - secondo l’intellettuale francese - è che le armi amano le parole. O meglio, trasformano le parole in armi nuove». Una tesi che introduce una serie di osservazioni acute, provocatorie a volte, contenute nel saggio di Salazar "Parole armate. Quello che l’Isis ci dice e noi non capiamo", edito da Bompiani. Vincitore del "Prix Bristol des Lumières 2015", il libro è uno studio inedito sui modelli di persuasione dello Stato Islamico perché, come si legge nella trattazione, fin dalla loro fondazione, il salafismo jihadista e la sua incarnazione armata, il Califfato, hanno dichiarato una guerra planetaria di comunicazione e, soprattutto, di persuasione di massa."
Non ho letto, e penso che non leggerò, il libro di Salazar: l'articolo è mediocre, il libro spero che sia migliore, per coloro che lo leggeranno. In ogni caso, sia pure a fatica, si capisce grosso modo la tesi dell'autore. Di questo articolo (mi sembrava preso da “Il Mattino”) ne ha parlato Sergio Rizzo, lunedì scorso (25.1.16), nel programma “Prima pagina” su Rai 3. L’argomento mi aveva incuriosito e sono andato alla ricerca del quotidiano che, ahimè, non ho trovato nelle edicole dei paesi attraversati, lungo la SS 106 da Taranto a Sibari. Convengo con il titolo: “Le parole armate”. Le parole diventano armi se usate da persone che vogliono sollevare stati d’animo repressi, emarginazioni sociali, ingiustizie, discriminazioni e fanno leva su una voglia di rivalsa di masse, specialmente se una parte di queste si sente più frustrata per eventi storici imposti da “popoli” con cultura, religione, costumi diversi (oltre che ben distinguibili e da questa opinabili). È come buttare benzina sulle braci ardenti. Le parole, però, debbono essere comunicate. Alle persone più vicine direttamente e a quelle più distanti con le casse di risonanza proprie o di altri. Ci pensano, pure, gli avversari, gli stessi “infedeli” a diffondere il loro verbo e le loro gesta ... con la scusa del diritto di cronaca, ma soprattutto per fare scoop giornalistici (e gli interessi personali)! A tal proposito ricordo, tuttora, l’escandescenza di B. Vespa nel vedersi censurata l’intervista a Saddam Hussein, quando era in atto la prima guerra del Golfo. E, ricordo, le parole di un inviato, in quella zona, che commentava così nei giorni d'attesa dell’avanzata della coalizione ONU: “Siamo già al quinto, sesto giorno dello sbarco e qui non succede ancora niente”. Il disappunto era evidente, probabilmente perché non aveva da valorizzare la sua presenza. Le gesta dell’Isis sono esecrabili per coloro che le hanno vedute, ma era proprio necessario stare al “gioco” dei loro promotori? Far sapere a tutte le teste calde (quelle che subivano discriminazioni dalla cultura occidentale) che c’era qualcuno che si riprometteva di farsi carico delle loro aspettative e di vendicare i “torti” (subiti da loro e dai loro genitori) era l’obiettivo primario di Al Baghdadi ed è stato compito dei suoi supporters diretti ... ma, i nostri mass media e i nostri inviati speciali non aspettavano altro per diffonderle nelle TV: l'audience influiva sulla loro carriera giornalistica. E, così, giovani insoddisfatti si sono trasformati in foreign fighters per avere uno scopo nella vita! Le parole diventano armate anche quando sono "parole riflesse", volontariamente o involontariamente. Cardif, concordo che la persuasione di massa “ Si può contrastare con l'informazione completa e non artefatta” spetta ai suoi operatori o a coloro che ne sono responsabili farla o ottenerla. |
| | | Ospite Ospite
| Titolo: Re: Parole armate. Sab 30 Gen - 17:38 | |
| Qualcuno ha richiamato la mia attenzione sul fatto che il mio post di apertura e poi quello successivo non erano chiari, cioè presentavano un argomento di difficile intepretazione. Forse è vero, anche se ovviamente a me che li ho scritti sembrano chiari.
In effetti, entrambi voi amici, Cardif e Iaf, mi sembra che abbiate recepito il problema posto dall'articolo, anche se io in quelle "parole armate" ci ho visto qualcosa che andava al di là della semplice propaganda, e qualcosa di sganciato dalla cronaca dei giochi geopolitici. Sganciato dalla stretta attualità. Questa è la ragione per cui l'ho accostata al mio post in cui parlavo della convivenza tra epoche diverse.
Le parole fanno una guerra tutta loro, a prescindere dal fatto che possano essere viste come supporto propagandistico alla lotta armata, o al terrorismo. Le parole sono le armi usate nella guerra, nello scontro, nel confronto tra "anime" diverse - anime diverse che rappresentano "epoche" diverse della medesima umanità.
Noi occidentali sappiamo bene - come giustamnte e insistentemente fa notare Cardif - quanto ci sia di irrisolto nella nostra cultura, e nelle nostre democrazie: lati oscuri, sopravvivenze ancestrali e devianze totalmente contraddittorie rispetto alle magnifiche sorti e progressive sintetizzate nelle parole della political correctness. Lo sappiamo e abbiamo i nostri problemi nel cercare di superare questi nodi irrisolti, secondo una visione ottimisticamente progressista, intesa in senso lato, che comprende sia la sinistra sia la destra liberaldemocratica.
Le parole del Califfato viaggiano su un'altra lunghezza d'onda, rimettono in discussione la stessa visione di un progresso lineare, ossia di un percorso uguale per tutti, nel quale noi siamo più avanti, mentre altri sono attardati ma prima o poi arriveranno ad acquisire la nostra stessa coscienza, che a quel punto sarà coscienza comune.
Per spiegare il senso di queste "parole armate" del Califfato, possiamo ricorrere all'esumazione del nazismo, per alcuni aspetti, o al "medioevo", per altri, o all'oscurantsmo o fanatismo religioso, che è anche nella nostra storia e ben conosciamo: sono metafore che servono a spiegarci le cose inter nos, secondo i nostri schemi di pensiero. Bene, a patto di essere coscienti che spiegano aspetti specifici, anche importanti, ma non il senso complessivo del fenomeno.
Faccio solo un esempio, poi mi fermo. In Occidente abbiamo dovuto fare, faticosamente, i conti col nazismo, non solo e non tanto sul piano politico-militare, ma con la constatazione che la civilissima Germania poteva a un tratto mostrare un lato oscuro della propria anima, per il quale poteva essere concepibile il genocidio, e il progetto di una "guerra totale" su base razzista. E con la constatazione che quel lato oscuro trovò numerosi adepti nelle altre nazioni occidentali: per la verità, con questo aspetto i conti sono stati limitati e messi subito in archivio, perché molto imbarazzanti. Il nazismo, in realtà, aveva posto lo stesso problema di fronte al quale ci troviamo oggi, col Califfato: la modernità può essere scissa, anzi può fare a meno del progresso, e della "civiltà occidentale", aristocratica, monarchica o repubblicana e democratica che sia - un coltissimo e civilissimo popolo può decidere di preferire una visione gotica e medievale a quella illuminista e positivista. E questa visione trovava simpatizzanti anche in altri contesti d'impronta democratica. Tutto ciò abbiamo sostanzialmente voluto "incartarlo" sotto l'etichetta di "incidente di percorso" sulla via del progresso occidentale, e della stessa umanità e cioè del mondo.
Il Califfato ci dimostra che le cose stanno diversamente. Il genocidio, la guerra totale, l'alterità nazista appartengono a una dimensione pre-politica, e hanno sempre - come un secolo fa - la medesima forza di attrazione presso alcuni individui e settori di popolazione dei paesi occidentali e democratici. E ci mostra altre cose ancora, che valgono per avere coscienza del mondo, ma anche coscienza delle nostre stesse società democratiche, e di noi stessi come individui - e della forza o debolezza delle parole della political correctness. |
| | | cardif
| Titolo: Re: Parole armate. Dom 31 Gen - 0:19 | |
| Iafran: "foreign fighters per avere uno scopo nella vita!"
E' vero, ma sono poche centinaia, una piccola percentuale dei musulmani in Europa; in Italia sono meno di 90, meno dei brigatisti nostrani; sono in prevalenza isolati, emarginati e senza prospettive, e giungono al fanatismo. Un modo di contenere il fenomeno è eliminare quelle cause. La sola repressione può non bastare a fermarli, data la difficoltà di individuarli. Possono aiutare molto i musulmani moderati, dei quali per questo si deve chiedere la collaborazione e non trattarli come nemici tutti.
Proseguendo sulla strada delle riflessioni di Rom, io metto in evidenza le pecche della nostra società perchè ritengo che coprirle con delle grosse trapunte (non bastando dei veli pietosi) non consente una valutazione equa delle pecche dell'avversario. Applicare due pesi e due misure non è il modo migliore per risolvere le vertenze. Sullo sviluppo economico delle società, sono d'accordo: ha tempi diversi nelle varie parti del mondo. E quindi ci sono aree più avanti rispetto ad altre. Civiltà ce ne sono state nei milleni passati. Credevano in altri dei, avevano altri valori alla base della convivenza, e non è detto peggiori dei nostri. Ma sono scomparse o sono state soppresse. Oggi misuriamo la conquista della nostra civiltà occidentale con la libertà di vestirci come ci pare, di frequentare i luoghi di ritrovo, ecc ecc. E' la difesa di questa libertà che si esalta dopo gli attacchi come quello a Charlie Hebdo. Niente contro questa libertà, ci mancherebbe. Ma per me 'civiltà' ha un senso più ampio. E quando si dice che la nostra civiltà è evoluta non posso dimenticare i suoi orrori. Uno dei quali è stato la Shoah, indubbiamente. L'Orrore Assoluto. Ma è stato solo un evento più grande, molto più grande di tanti altri. Non mi pare che lo si possa vedere come un incidente sulla via del progresso. E' certamente difficile per noi capire davvero le ragioni del Califfato, se di ragioni si tratta. A me sembrano follie le distruzioni dei fori archeologici e le barbare uccisioni. Ma credo pure che questa banda di fanatici siano in netta minoranza, anche tra la loro stessa popolazione, costretta a non reagire per paura. Sarà anche là un incidente di percorso, che sarà vinto dalle 'forze del bene', penso. Ma solo perché noi umani tutti, di qualunque religione, alla fine ci stufiamo di vivere nel terrore. Intanto la lotta al Califfato passa anche per il taglio delle risorse. Già adesso qualche scricchiolio comincia: l'IS ha dimezzato la paga ai militanti.
Negli ultimi duemila anni, dopo miliardi di parole sull'insegnamento pacifista di Cristo detto in tutte le lingue del nostro mondo da molte migliaia di suoi portavoce, se ne sono viste di tutti i colori: guerra dei sette giorni, dei trent'anni, addirittura dei cent'anni; e poi schiavismo, genocidi e quant'altro. Non so, ma penso che sia così anche dove le religioni sono altre.
E' vero: il progresso tecnologico c'è stato: non si vive più nelle grotte, ci sono palazzi ad alta tecnologia energeticamente autosufficienti; ci sono gli aerei e i tablet. Una volta c'era la clava, ora c'è la bomba atomica. Ma il problema è di come la pensa chi tiene l'arma, ora come allora. E su questo fronte, che sarebbe quello della maturità di una società, della sua civiltà, mi pare che le cose siano altanelanti.
cardif | |
| | | Ospite Ospite
| Titolo: Re: Parole armate. Dom 31 Gen - 0:36 | |
| Sono andata a leggermi l’articolo e la cosa interessante mi pare che sia proprio la modalità di chiamata alle armi di quelle schiere di musulmani mediorientali e occidentali che aderiscono al Califfato. Il Califfato non è una entità territoriale precisa, è solo una solenne Dichiarazione di indipendenza dell’Islam ed esso esiste in quanto proclamato. E la sua esistenza esige la guerra al “politeismo” ( a proposito dell’ altro thread sul monoteismo), cioè ai falsi idoli occidentali e ai regimi democratici che pongono al centro del loro sistema i diritti dell’uomo e dunque fanno dell’uomo un idolo. Il Califfato è il trionfo dell’Islam su tutti i territori occupati dai miscredenti , ed è quindi necessario terrorizzare e ispirare una “paura salutare”, e se l’integrità dell’Islam non viene rispettata, rifiutando la conversione, bisogna far fuggire i miscredenti. “ In altre parole, la manipolazione retorica indica che un'azione terroristica non è un atto di invasione puntuale, bensì di presa o di ripresa di possesso”, conclude l’articolo. In sé , questa retorica somiglia a tutte le retoriche guerresche, con le immagini di rivalsa e di riconquista con le quali si sono pompati tutti i soldati del mondo, salvo che qui la riconquista abbraccia tutto il mondo che non vuole convertirsi all’Islam, un mondo desertificato dai miscredenti , che non si sa dove dovrebbero rifugiarsi, una volta costretti a fuggire.” L’integrità dell’Islam “ è una guerra di occupazione all’infinito, giustificata all’infinito, come un ritorno alle origini, il regno di Allah in terra. Del resto, l’Islam è sempre stato questo: una religione armata, profeti guerrieri alla conquista di territori, guerre intestine e sanguinarie tra sette, e il terrore offerto come un dono prezioso alla gloria del loro Dio. Gli innocenti che noi piangiamo sono nulla messi a confronto con la gloria di Allah, sono solo uomini, falsi idoli. Il Cristianesimo che ha conosciuto le Crociate e l’inquisizione e lo sterminio degli eretici è un cristianesimo primitivo, mentre per l’Islam il “martirio” continua ad essere di attualità, la testimonianza concreta della fede, una specie di sacrificio umano sull’altare della divinità, anche quando non c’è persecuzione, ma solo la necessità di epurare l’infedele, perché non si contamini l’integrità dello stato islamico. Una visione del genere non ha mai accolto l’individualismo illuminista, la Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo, la sacralità dell’essere umano, la tolleranza e la convivenza pacifica tra diversi. Ne è la negazione. Del resto, le storiche conquiste islamiche sono state tutte condotte in punta di fanatismo sanguinario, in preda ad esaltazione religiosa, quasi la celebrazione di una messa furiosa e invasata, cui provvedevano anche grosse dosi di sostanze stupefacenti, che non mancano neanche nella dotazione degli attuali terroristi. Rom ha richiamato il nazismo come esempio di imprevisto ritorno alla barbarie anche da parte di civiltà cresciute nel solco dell’evoluzione occidentale verso il rispetto dei diritti umani. Ed è l’esempio giusto per sottolineare quanto le “parole armate” possano essere efficaci per dissotterrare gli istinti primitivi che continuano a covare sotto la scorza della civiltà faticosamente costruita. L’antisemitismo secolare, praticato o tollerato, ha consentito di non trovare aberrante l’idea che un altro essere umano potesse essere trattato come se non fosse un essere umano, anche dopo la dichiarazione dei diritti dell’uomo. Le campagne sulla “purezza della razza” e sul Lebensraum somigliano sinistramente alle rivendicazioni integraliste islamiche e fanno presa sulla mera superficie, senza bisogno di spiegazioni più articolate. Come diceva Hannah Arendt, la banalità del male e la sua forza risiedono proprio nella sua capacità di insediarsi appena sotto la superficie, senza alcun bisogno di raggiungere una profondità di pensiero, foriera di dubbi e riflessioni complesse. Le parole armate che guidavano i carcerieri dei campi di sterminio erano vecchi slogans ingurgitati da ragazzini, veri come le litanie del rosario; come quelle, irriflesse e ripetute con zelo. Quello che spaventa è che si pensi di contrapporre ai fabbricanti di fanatismi e populismi qualcosa di altrettanto superficiale come la politically correctness, che si limita a controllare la pulizia lessicale e la partecipazione paritaria di tutte le componenti sociali, senza esprimere giudizi e riflessioni, senza sondare il fondo delle differenze, affinchè si scopra il comune tessuto umano. |
| | | Ospite Ospite
| Titolo: Re: Parole armate. Dom 31 Gen - 0:37 | |
| - cardif ha scritto:
- Uno dei quali è stato la Shoah, indubbiamente. L'Orrore Assoluto. Ma è stato solo un evento più grande, molto più grande di tanti altri. Non mi pare che lo si possa vedere come un incidente sulla via del progresso.
Mi riferivo al nazismo nel suo insieme, non soltanto alla Shoah, quando ho detto che si è teso ad archiviarlo come "incidente di percorso", insistendo sulla "pazzia" di Adolf Hitler e sulla "disumanità" dei crimini di guerra, e insomma sulla "eccezionalità" di tutta quella storia. Certamente io non l'ho mai considerato un incidente di percorso. |
| | | flaviomob
Età : 54 Località : Monza
| Titolo: Re: Parole armate. Dom 31 Gen - 15:31 | |
| La civilissima Germania in realtà, nella sua tradizione prussiana, un certo codice di belligeranza lo aveva introiettato ben prima dell'avvento di Hitler. Dal medioevo all'Ottocento non si contano le volte che le popolazioni a sud delle Alpi hanno (abbiamo) dovuto lottare per liberarsi dal giogo germanico, che si chiamasse barbarie, Sacro Romano oppure Austro-ungarico. Al contrario quando gl'Italiani esercitavano un primato in Europa, prima con i Romani poi con il Rinascimento, si portava davvero la civiltà e la cultura molto lontano. Non per caso ancora oggi nella musica classica i principali termini sull'agogica (Andante, Allegro, Largo etc) e sulla dinamica (forte, piano, fortissimo, mezzoforte, etc) sono in italiano in tutto il mondo.
La belligeranza oggi (e non solo) si può travestire da esigenza di controllo sui "vicini" motivata dal fatto di essere virtuosi, migliori, più produttivi, più attenti alla qualità dei prodotti: ma proprio la degenerazione della politica e della rappresentanza in Europa, quando ormai la vera leader continentale appare essere Angela Merkel, dovrebbe farci riflettere quantomeno. Anche io credo poco agli incidenti di percorso. Il percorso lo si costruisce insieme, se però qualcuno rivendica l'egemonia determinerà anche la meta e il cammino.
L'antisemitismo, sempre presente nel cattolicesimo, emerge con alcuni picchi come un fiume carsico in maniera anche piuttosto violenta nella storia (pensiamo alla cacciata degli Ebrei Sefarditi dalla Spagna per opera dei Cattolicissimi Reali), fino a radicarsi nuovamente in Europa tra la fine dell'Ottocento (ebrei accusati di liberalismo ostile alla chiesa e quindi della fine dello Stato Pontificio) e l'inizio del Novecento (con l'accusa di socialismo / comunismo). Tanto per contestualizzare, i testi "scientifici" che venivano studiati in Europa all'inizio del Novecento sostenevano che i "negri" africani fossero minus habens in quanto aventi la scatola cranica di forma diversa dai "bianchi". Qui si trattava di parole pesanti e pericolose, in quanto suffragate dalla presunta scienza e diffuse capillarmente attraverso il sistema scolastico-educativo.
Per conto mio anche l'associazione tra Isis e Islam ha un connotato velatamente razzista. l'Isis si sviluppa in un contesto di estrema degradazione dei diritti umani, prigionia e tortura diffusa, causate dalle guerre e dal sadismo impunito degli occupatori occidentali. Cerchiamo di essere seri: possiamo davvero pensare che l'Iraq di Saddam si sarebbe autonomamente trasformato in un Califfato e altri frammenti di stato se avesse mantenuto la sua originale forma di governo, senza il doppio intervento dell'esercito degli Stati Uniti d'America? E la Siria di Assad, senza un massiccio appoggio ai ribelli, anche i più sanguinari, da parte dell'Arabia e dell'occidente? Crediamo davvero ancora alle favolette che ci raccontano i commercianti d'armi e le loro lobby?
Ancora: chi ha fomentato i fondamentalisti in Afghanistan in chiave anti russa per tutti gli anni Ottanta? Da chi prendevano i soldi i talebani allora?
No, non c'è nessun incidente di percorso, ma per spiegare l'Isis dobbiamo guardare in profondita dentro NOI stessi e la NOSTRA civiltà. | |
| | | Ospite Ospite
| Titolo: Re: Parole armate. Dom 31 Gen - 18:37 | |
| Flaviomob:"Per conto mio anche l'associazione tra Isis e Islam ha un connotato velatamente razzista. "
Puoi dire quello che vuoi sull'islam, ma il fatto che abbia una connotato velatamente razzista, non è assolutamente vero. Il sionismo si che è profondamente razzista. Basta guardare come gli israeliani di origine araba siano di serie B. Sempre che non si voglia riflettere sul fatto che se credi nella religione ebraica sei un ebreo, come è cristiano chi crede in Cristo, o mussulmano chi crede in Maometto, ma se dici di essere di stirpe ebraica, allora sei un razzista, allo stesso modo che io dicessi di essere ariano.
Non che le razze non esistano: ma quando si prende in considerazione la razza, come criterio dirimente e politico, allora si è razzisti, con il valore che diamo a questo termine dopo aver visto alla prova molti stati europei e solo alla fine la Germania nazista, insieme all'Italia fascista, alla Francia di Vichy, ai razzisti ucraini, eccetera, eccetera.
Per gli islamici può valere l'altro criterio, quello religioso. E per i fondamentalisti, chi non è islamico è un nemico, ma non sono razzisti perché puoi avere la pelle di qualsiasi colore e derivare da qualsivoglia razza.
Poi, se vuoi, questa mia precisazione è vera in prima approssimazione, ma non è vera in assoluto. Basta considerare che arabi palestinesi ed israeliani sono semiti, ma è come se non lo fossero, per quelle immagini mentali di comodo, che formano le ideologie. |
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| Titolo: Re: Parole armate. Dom 31 Gen - 19:17 | |
| Flavio intendeva dire che l'identificazione tra Isis e Islam, da parte nostra, ha un sottinteso razzista.
Ma trovo che questa preoccupazione - sia da parte di Flavio, sia da parte di Cardif - sia da un lato giustificata come precauzione in senso generale, ma poco utile e poco motivata nel caso specifico della nostra discussione. Quando si parla del Califfato, si parla del Califfato, non dell'Islam. C'è poi un rapporto tra Islamismo e Califfato, che possiamo analizzare, così come c'è una strumentalizzazione religiosa nella propaganda del califfato, ed è possibile un confronto tra la strumentalizzazione che è stata fatta della religione da parte di tutti i poteri politici, occidentali e orientali, nei tempi recenti e nei tempi più remoti. In ogni caso, se non è lecito identificare il Califfato con l'Islam, non è nemmeno possibile fingere che la propaganda del Califfato non abbia anche una connotazione religiosa. E personalmente, dopo aver noi combattuto per secoli l'oscurantismo e l'ipocrisia delle nostre varie chiese cristiane, non vedo il motivo per essere particolarmente benevolo verso culture religiose che presentano i medesimi chiaroscuri, le medesime contraddizioni e si prestano ai medesimi equivoci e strumentalizzazioni. |
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| Titolo: Re: Parole armate. Dom 31 Gen - 22:31 | |
| Rom
Dici perchè dobbiamo essere particolarmente benevoli verso l'Isis. Per i morti che fanno. Fino a 2 ore fa solo i 60 morti di Damasco, un'ora fa abbiamo saputo degli 85 morti della Nigeria. Io sono esterrefatta e impaurita come non lo ero da quando lessi "Niente di nuovo sul fronte occidentale", un libro che mi marchiò profondamente. Certo,se si è govani e belli e ci si imbatte in un libro come quello, Italiani e Francesi si conoscevano, erano pure amici , ma dovettero farsi guerra, una carneficina, non si è piu' gli stessi, e non toccai piu' quel libro per l'orrore che provai. Ecco perchè dobbiamo essere benevoli verso l'Isis, sono assassini che uccidono a sangue freddo. Le nostre vite sono cambiate, gia' io ho rinunciato ad andare a Bali, a Sharm, a fare crociera Civitavecchia -Palermo ( o altra crociera), a prendere pullman, bus, metro, andare al cinema e in supermarket e in musei, e in chiese per celebrazioni di Giubileo, qua non giubila nessuno, forse il Papa doveva annullarlo. E' stata una cattiva idea. ciao |
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| Titolo: Re: Parole armate. Dom 31 Gen - 22:41 | |
| le parole come armi... Secondo la mia convinzione - scrive Ludwig Boltzmann nel testo che riprende il contenuto di due sue lezioni sui principi della meccanica - le leggi del pensiero sono nate dal fatto che la connessione delle idee interne, che abbozziamo partendo dagli oggetti, si adeguava sempre più alla connessione degli oggetti. Tutte le regole di connessione che portavano a contraddizioni con l'esperienza furono respinte, mentre quelle che portavano sempre ad un risultato corretto furono conservate con tale energia e questa conservazione fu trasmessa tanto efficacemente ai discendenti che abbiamo finito per considerare queste regole assiomi o necessità logiche innate.
Questo insieme di concetti ci riportano ad una certa fenomenologia che considera tipologie di causa-effetto, anche molto distanti tra loro. Nel nostro caso, delle parole come armi, si può intendere che storicamente attraverso esperienze, costumi e ideologie, siano nate forme di stato finalizzate alla conservazione della specie. E degli strumenti di quelle forme di stato, fanno parte il linguaggio che sintetizza, con il significato delle parole, le regole-assiomi di una logica innata. Non occorre neppure che l'individuo abbia accumulato direttamente tutta l'esperienza che da sostanza ad una determinata ideologia. Una volta che la possieda (per cultura, costume, etica), diventa uno strumento che lo guida nel proprio giudizio. Ed ogni giudizio produce una conseguenza nel processo della causa-effetto. L'Islam per avere circa tredici secoli di storia alle spalle, ha avuto la possibilità di verificare con l'esperienza la validità del suo impianto ideologico, che tra le altre cose era nato apposta, per finalità di potere. Oggi che il mondo islamico risorge da diversi secoli segnati da dominazioni straniere, costituisce uno strumento ideologico della ribellione, quando ancora non sia pronto per sferrare l'attacco contro gli altri sistemi sociali in competizione. Ed è la parola che veicola l'ideologia che si è stratificata con regole ed assiomi, nella cultura di quel popolo, e che ora si mette in moto per la sua vendetta.
Ho parlato di mussulmani, ma questi principi meccanici della coscienza valgono per tutti. Il criticismo serve proprio per compiere quella revisione delle idee che non sia conforme agli interessi di chi vede nel conformismo un pericolo. Sarà sempre una minoranza a compiere razionalmente quelle analisi, o ad analizzare l'esperienza che i più nemmeno vedono, seppure la vivano. Poi, quella minoranza, se avrà argomenti e forza sufficiente, provocherà un cambiamento nella ideologia di una comunità, predisponendola a reagire, alle nuove cause, con nuovi effetti. Sono però dei processi molto lunghi, ragion per cui, come in questo caso, sono i tempi della religione il limite all'emancipazione. Per noi, c'è voluto l'illuminismo, due rivoluzioni ed un altro paio di secoli per riuscire a superare una serie di problemi in ordine alle libertà ed alle forme di stato. Loro sono ancora alla religione... in pratica, alla parola di Dio! |
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| Titolo: Re: Parole armate. Dom 31 Gen - 22:49 | |
| "quale" Dio, Enrico! |
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| Titolo: Re: Parole armate. Dom 31 Gen - 22:53 | |
| - Micol ha scritto:
- Dici perchè dobbiamo essere particolarmente benevoli verso l'Isis. Per i morti che fanno. Fino a 2 ore fa solo i 60 morti di Damasco, un'ora fa abbiamo saputo degli 85 morti della Nigeria....Ecco perchè dobbiamo essere benevoli verso l'Isis, sono assassini che uccidono a sangue freddo.
Io chieedevo perché bisogna essere benevoli verso la religione, o comunque tolleranti oltre misura, quasi pregiudizialmente a prescindere dai contenuti, in riferimento alla distinzione che faceva Flavio tra Isis e Islam. Ma non capisco bene il tuo post: bisogna essere benevoli verso l'Isis perché fa i morti, perché sono assassini a sangue freddo? Non capisco.
Ultima modifica di Rom il Dom 31 Gen - 23:31 - modificato 1 volta. |
| | | Ospite Ospite
| Titolo: Re: Parole armate. Dom 31 Gen - 23:15 | |
| quale Dio...
quello di cui quelle e queste popolazioni hanno per immagine mentale, cara Afam.
Poco importa che per definizione sia lo stesso di Cristiani, ebrei e mussulmani. Ognuno si crea, attraverso di esso, il proprio scopo, la propria missione, per soddisfare interessi che ancor prima di essere razionali, sono istintivi.
Se tutti ne avessero la stessa immagine mentale, la religione (forse) non sarebbe una causa formale del conflitto (tra loro)... o forse si! In fondo parliamo di una realtà che vive di sicuro all'interno della mente, ma non è detto che fuori ve ne sia traccia, al contrario della Natura, che è dappertutto, e sempre a disposizione.
Un saluto. Enrico. |
| | | Ospite Ospite
| Titolo: Re: Parole armate. Dom 31 Gen - 23:29 | |
| Non bisogna essere benevoli con Isis, Micol, ma occorre capire anche che cosa sia e chi lo strumentalizzi. Isis, all'origine è un movimento di resistenza di militari e ufficiali iracheni all'occupazione americana. Poi però cambia pelle e si avvia a diventare quello che abbiamo conosciuto, potenziato ideologicamente dalla religione e materialmente dai servizi segreti dell'Arabia Saudita, degli Emirati Arabi del Golfo, della Giordania, degli Stati Uniti, della Gran Bretagna ed infine, anche della Turchia. Ecco fatto, e adesso vediamo come possiamo sconfiggere Isis.
Per le opinioni pubbliche americane, inglesi, francesi è diventato un mostro scappato al controllo di chi lo nutriva. Per questo Obama, Cameron e Hollande ne hanno preso le distanze, ma ancora non l'hanno fatto turchi ed arabi. E qui sta il problema, visto che quelli sono alleati di americani, inglesi, francesi, ed anche nostri.
... ma alleati per cosa. Per fare la Guerra alla Siria? E perché alla Siria? Se si risponde a queste domande, forse si trova il bandolo della matassa a cui è legato anche Isis. |
| | | cardif
| Titolo: Re: Parole armate. Dom 31 Gen - 23:48 | |
| Rom prima ha scritto: "Mi riferivo al nazismo nel suo insieme, non soltanto alla Shoah, ..."
l'ho capito che hai parlato di nazismo. Penso che la differenza tra Hitler e gli altri aspiranti Imperatori, da Cesare a Napoleone, stia nella base ideologica del dominio della 'razza pura' mentre per gli altri era solo desiderio di espandere il proprio territorio. La Shoah l'ho citata io come il peggiore effetto di quella ideologia.
Flaviomob ricorda che il nostro mondo 'più civile' ha fatto il sovvenzionamento delle madrase da parte degli USA contro la Russia che occupava l'Afghanistan. E accenna alle armi di tutti i tipi che anche noi italiani vendiamo e che finiscono anche dove i diritti umani non sono garantiti. Noi nel 2014 abbiamo venduto 300 milioni di euro ciascuno all'Arabia Saudita, al Qatar e alla Turchia. E all'IS arrivano armi da questi paesi. L'eugenetica, madre delle politiche sociali razziste applicate nella Germania nazista, è stata sostenuta nel XIX secolo da Francis Galton, un distinto signore inglese, sulla base delle ipotesi di Darwin. Non possiamo prescindere dalla conoscenza di questi fatti qualunque sia la valutazione che vogliamo fare sugli altri, musulmani compresi.
Io continuo a sostenere, o forse è solo una speranza, che l'IS non sia il popolo di quell'area geografica, ma una organizzazione terroristica di fanatici, ben strutturata e sufficientemente dotata di mezzi per espandersi e dominare la popolazione col terrore. Perciò non ci vedo una componente razziale, anche se poi le 'razze' sono una invensione ideologica, non esistente su base genetica. Esistono le sottospecie. Ed è del tutto assurdo considerare i musulmani una razza. Credo pure io che il Califfato dia una connotazione religiosa, interpretando il Corano a proprio uso e consumo in modo da condizionare la popolazione che segue quella religione a sostenerlo. Se si dichiarasse una organizzazione atea non troverebbe nessun aiuto, visto il rischio di pena di morte per gli atei prevista nei paesi che forniscono armi all'IS.
Penso che, proprio perché ci siamo già passati attraverso oscurantismo ed ipocrisia, dobbiamo mettere la nostra esperienza a disposizione in tutti i modi perché anche loro, adesso, possano uscire più rapidamente da quella fase. E non credo che bastano le bombe a farlo.
cardif | |
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| Titolo: Re: Parole armate. | |
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