Un incipit e una fine, con traduzione lievemente corretta, di un piccolo, splendido poema del romanticismo inglese.
Arethusa
Arethusa arose From her couch of snows In the Acroceraunian mountains, From cloud and from crag, With many a jag, Shepherding her bright fountains. She leapt down the rocks, With her rainbow locks Streaming among the streams Her steps paved with green The downward ravine Which slopes to the western gleams; And gliding and springing She went, ever singing, In murmurs as soft as sleep; The earth seemed to love her, And heaven smiled above her, As she lingered towards the deep. ...Like spirits that lie In the azure sky When they love but live no more.
PB Shelley
Aretusa si levava dal suo letto di nevi negli Acrocerauni monti, da le nubi e da le rupi corrugate da fessure, guidando le sue chiare fonti. Su le rocce saltellava, con la chioma iridescente, trascorrendo tra i rivi; Le forme sue coprivano di verde il burrone discendente verso i raggi d'occidente. E scorrendo, rimbalzando, ella andava movendo, come il sonno, dolci i mormorii, La terra parea l'amasse, ed il cielo sorridesse sopra lei, mentre indugiava sospesa sull'abisso ...come spiriti che nel cielo azzurro si distendono, quando amano, non piu vivi.
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Titolo: Re: Arethusa Ven 18 Dic - 19:54
Abbiamo qui il possente afflato fantastico di P.B.Shelley:
Arethusa si levò dal suo letto di neve sui monti Acroceraunici tra le nubi e le rocce...
Molti pittori l'hanno cosi' ritratta e anche Dorè, come tutti ricordiamo, poeti e scrittori hanno narrato la storia della sua fantastica fuga da Alfeo, lei, ninfa di Artemide, e dalla dea protetta, e tramutatasi in fonte sulla costa orientale della Sicilia. Alfeo, mutatosi in fiume, la raggiunse, dall'Arcadia , in un tunnel sotterraneo , badando a non mischiare mai le sue acque in quelle marine , ma le unì solo con quelle della fonte Arethusa. Questa leggenda di cui gia' si occuparono Virgilio, Ovidio-nelle sue Metamorfosi, serrate, senza respiro, come la corsa del mondo verso il nulla,- ci riporta con il pensiero alla vicenda di Abelardo ed Eloisa, ad Heathcliff e a Catherine, e ogni amore immortale è sempre tenerezza per ii nostro cuore e il nostro intelletto.
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Titolo: Re: Arethusa Mer 23 Dic - 9:51
tessa ha scritto:
ogni amore immortale è sempre tenerezza per ii nostro cuore e il nostro intelletto.
Ah! l’amore immortale ... quando la mente è rivolta sempre all'altro, a percepire in ogni momento la sua assenza, la mancanza della sua voce e a desiderare le sue carezze, i suoi abbracci, le sue labbra, il suo conforto ... l'amore immortale strugge e fa librare!! Ma se i desideri si concretizzano? .
cardif
Titolo: Re: Arethusa Mer 23 Dic - 19:32
iafran ha scritto:
Ma se i desideri si concretizzano? .
Mi sa che dubbi e perplessità nascono quando i desideri 'non' si concretizzano nelle forme e modalità desiderate ...
cardif
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Titolo: Re: Arethusa Dom 27 Dic - 17:26
cardif ha scritto:
Mi sa che dubbi e perplessità nascono quando i desideri 'non' si concretizzano nelle forme e modalità desiderate ...
I desideri fanno l'amore struggente fino a quando rimangono "desideri", poi ... è rarissimo che l'amore diventi "immortale" , , .
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Titolo: Re: Arethusa Lun 28 Dic - 0:24
Caro Iafran, la letteratura è piena di amori struggenti e immortali, chi non conosce la storia di Heathcliff e Catherine, che ho citato?,potremmo parlare di nuovo del Sogno di una notte di mezza estate, e dell'amore tra Titania e Bottom, c'è poi l'amore infelice tra Didone ed Enea ( ma ebbe cattivi presagi, quando furono celebrati gli imenei , in una caverna, scoppiò un temporale e Nymphae ulularunt). Si potrebbe fare un lunghissimo elenco, ma tu vuoi sapere se l'amore resta immortale, solo finchè è un desiderio, o anche dopo? Io penso anche dopo, tuttora nella brughiera dello Yorkshire si sentono le grida di Heatchcliff che urla il suo amore per Catherine.Così dicono. Ciao
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Titolo: Re: Arethusa Lun 28 Dic - 8:45
Keats - Endymion
A thing of beauty is a joy for ever: Its loveliness increases; it will never Pass into nothingness; but still will keep A bower quiet for us, and a sleep Full of sweet dreams, and health, and quiet breathing.
Una cosa bella è una gioia per sempre: Si accresce il suo fascino e mai nel nulla Si perderà; sempre per noi sarà Rifugio quieto e sonno pieno di sogni
Quasimodo - Auschwitz
Laggiù, ad Auschwitz, lontano dalla Vistola, amore, lungo la pianura nordica, in un campo di morte: fredda, funebre, la pioggia sulla ruggine dei pali e i grovigli di ferro dei recinti: e non albero o uccelli nell’aria grigia o su dal nostro pensiero, ma inerzia e dolore che la memoria lascia al suo silenzio senza ironia o ira. Tu non vuoi elegie, idilli: solo ragioni della nostra sorte, qui, tu, tenera ai contrasti della mente, incerta a una presenza chiara della vita. E la vita è qui, in ogni no che pare una certezza: qui udremo piangere l’angelo il mostro le nostre ore future battere l’al di là, che è qui, in eterno e in movimento, non in un’immagine di sogni, di possibile pietà. E qui le metamorfosi, qui i miti. Senza nome di simboli o d’un dio, sono cronaca, luoghi della terra, sono Auschwitz, amore. Come subito si mutò in fumo d’ombra il caro corpo d’Alfeo e d’Aretusa!
D'Annunzio - L'oleandro
Ma non sostenne il nostro cuor mortale quel silenzio sublime. Si piegò verso il sorriso delle donne nostre. E Derbe disse ad Aretusa: "Quando fiorì di rose il lauro trionfale?". Era la donna giovinetta alzata, mutevole onda con un viso d’oro, tra gli oleandri; ed il reciso ramo per la capellatura umida effusa, che fingevale intorno al chiaro viso l’avvolgimento dell’antica fonte, intrecciava le rose al regio alloro. Disse Aretusa: "Bene io te ’l dirò" mutevole onda con un viso d’oro.
Disse: "Inseguiva il re Apollo Dafne lungh’esso il fiume, come si racconta. La figlia di Peneo correva ansante chiamando il padre suo dall’erma sponda. Correva, e ad ora ad or le snelle gambe le s’intricavan nella chioma bionda. Ben così la poledra di Tessaglia galoppa nella sua criniera falba che fino a terra la corsa le ingombra.
Rapido il re Apollo più l’incalza, infiammato desio, per lei predare. All’alito del dio doventa fiamma la chioma della ninfa fluvïale. "O padre, o padre" grida "tu mi scampa!" Chiama ella il padre suo con grida vane. "Padre, un veloce fuoco mi ghermisce!" E corre, ed ansa, e le sue gambe lisce crescon la furia del desio predace.
"O gran padre Penèo, perduta sono, che ’ mi si rompono i ginocchi. Salva- mi dalla brama del veloce fuoco cho ora mi giunge, ecco, ecco, ora m’abbranca!" Ma il dolce sangue suo in altro suono, la sua bellezza in altro suono parla. Balzale il cuor, si piegano i ginocchi. Ed ecco ella s’arresta, chiude gli occhi e trema e dice: "Or ecco m’abbandono".
Una gioia s’aggiunge al suo terrore ignota che il divin periglio affretta. Tremante e nuda dentro la chioma ode la vergine il tinnir della faretra, sente la forza del perseguitore, vede l’ardor pè chiusi cigli e aspetta d’essere ghermita, e più non chiama il padre. Ma il dio la chiama: "Dafne, Dafne, Dafne!" Ed ella non udì voce più bella.
Il dio la chiama: "Dafne, Dafne!" Ed osa ella aprir gli occhi: la rutila faccia vede da presso e la bocca bramosa mentre il dio con le due braccia l’allaccia. Rapita dalla forza luminosa gitta ella un grido che per la selvaggia sponda ultimo risuona, e l’ode il padre. Avido il dio districa la soave nudità dalla chioma che la fascia.
Bianca midolla in cortice lucente, in folti pampini uva delicata! Tenera e nuda il dio la piega, e sente ch’ella resiste come se combatta. Tenera cede il seno; ma dal ventre in giuso, quasi fosse radicata, ella sta rigida ed immota in terra. Attonito, l’amante la disserra. "Ahi lassa, Dafne, ch’arbore sei fatta!"
Subitamente Dafne s’impaura: le copre il volto e il seno un pallor verde. Ella sembra cader, ma la giuntura dei ginocchi riman dura ed inerte. S’agita invano. L’atto della fuga invan le torce il fianco. Si disperde il senso di sua vita nella terra. E l’amante deluso ancor la serra. "Ahi lassa, Dafne, chi ti trasfigura?"
Ma non il suo melodioso duolo giova a trarre colei dalla sua sorte. Nell’umidore del selvaggio suolo i piedi farsi radiche contorte ella sente e da lor sorgere un tronco che le gambe su fino alle cosce include e della pelle scorza fa e dov’è il fiore di verginità un nodo inviolabile compone.
Pascoli - Il ritorno
L’eroe dormiva, e non sapea più nulla dei molti affanni che patì nel cuore;
e dal suo mite sonno era lontano il fragor di battaglie e di tempeste. Ma non lontano il murmure d’un fonte, dell’Aretusa, e non lontano l’antro delle ninfe e dell’api, ove le ninfe tessean notturne su’ telai di pietra, mentre pendean tra l’anfore e i crateri, grappoli, con ronzii subiti, d’api. E i longi-remi marinai Feaci salian la nave; indi gli scalmi in fila sedean, tornando all’isola felice: nel tacito crepuscolo cantando battean co’ remi il violaceo mare; e dalla spiaggia lontanava il canto tra l’alternare delle larghe ondate. Cantavano....
O gran mare, che là gemi su la spiaggia che tu baci, che qui piangi sotto i remi de’ Feaci; op oòp... op oòp... dorme... venne di lontano; dorme... è stanco; dorme... è vecchio; piano cantagli all’orecchio, piano piano muovi la sua culla....
Tu che piangi là soave su chi giunge alla sua terra, che qui dondoli la nave di chi erra; op oòp... op oòp... non gli dir col tuo frastuono che già fuma un casolare: buono è il sonno, o insonne mare! buono! buono! dolce come il nulla.
Non gli dire, eterno mare, ch’egli è giunto.... op oòp... ....di lontano ....stanco ....vecchio... piano piano muovi la sua culla!
Dolce.... errare op... dolce.... il nulla.
E il dolce canto s’annullò nell’aria; nè più cantò che il mare su la spiaggia con lo sciacquare dell’eterne ondat E presso il cuore d’Odisseo dormente, gemeva il fonte d’Aretusa, noto alla sua cara fanciullezza ...
Ovidio - Le metamorfosi
L'alma Cerere, rasserenata per aver riavuto la figlia, ti chiede, Aretusa, perché fuggisti e consacrata sei sorgente. Tacquero le acque; dal fondo dei gorghi la dea sollevò il capo, si asciugò con la mano i verdi capelli e incominciò a narrare gli antichi amori del fiume Alfeo. "Una delle ninfe che vivono in Acaia io ero," disse, "e nessun'altra con più passione andava di balza in balza, nessun'altra con più passione tendeva le reti. E sebbene non avessi mai preteso d'essere bella, malgrado la mia prestanza, bella ero considerata. Ma le lodi eccessive al mio aspetto non m'inorgoglivano, e mentre ad altre capita di goderne, io, semplice e scontrosa, delle mie doti arrossivo e se piacevo lo stimavo una colpa. Tornavo affaticata, ricordo, dalla foresta di Stinfalo. C'era un caldo afoso e la mia stanchezza ne aumentava il peso. M'imbatto in un fiume che scorreva senza vortici e mormorii, così limpido che dall'alto avresti potuto in fondo al suo letto contare i sassolini, facendoti dubitare che fluisse. Pallidi salici e pioppi nutriti dall'umidità stendevano sulle rive in declivio il naturale espandersi dell'ombra. Mi accostai e all'inizio bagnai la pianta dei piedi, poi le gambe sino al ginocchio e non contenta mi spogliai, appesi al ramo spiovente di un salice le vesti trasparenti e nuda m'immersi nell'acqua. Mentre la fendevo e in mille modi la schizzavo guizzando, levando e rituffando le braccia, percepii uno strano bisbiglio salire da mezzo i gorghi e atterrita mi rifugio sul bordo della riva più vicina. 'Dove corri, Aretusa?' diceva dalle sue onde Alfeo, 'Dove corri?' ripeteva con voce roca. Ed io fuggii, così com'ero, senza vesti: sulla riva opposta erano rimaste le mie. Ma lui sempre più m'incalzava e s'infiammava, perché essendo nuda, mi credeva più accessibile. Così io correvo e così lui implacabile m'inseguiva, come fuggono in un battere d'ali le colombe davanti allo sparviero e come questo le incalza tutte tremanti. Fino alle porte di Orcòmeno, fino a Psofìde e al Cillene, agli anfratti del Mènalo, al gelido Erimanto e giù fino all'Elide resse la mia corsa, senza che lui mi raggiungesse; ma correre più a lungo con forze inferiori io non potevo, mentre lui reggeva bene alla fatica. Eppure corsi per pianure, per montagne fitte d'alberi e per rocce, per rupi e dove non s'intravedeva alcun sentiero. Avevo il sole alle spalle: davanti a me vedevo allungarsi un'ombra, se non era il mio terrore a vederla, ma certo è che il rumore dei suoi passi m'atterriva e sulla benda dei miei capelli incombeva l'ansito affannoso del suo respiro. Stremata dalla fatica: 'Aiuto', grido, 'mi prende! Aiuta, Diana, la tua scudiera, a cui hai concesso di portare così spesso il tuo arco e le frecce chiuse nella faretra'. Commossa, la dea m'avvolse in una nube strappata a un cumulo. La foschia mi nasconde e Alfeo scruta e mi cerca, senza riuscirvi, intorno al viluppo della nube: due volte gira ignaro intorno al luogo dove la dea m'ha nascosto e due volte: 'Aretusa! Aretusa!' m'invoca. In che travaglio si trovò il mio cuore? Diverso forse da quello di un'agnella che sente i lupi ringhiare intorno alle stalle, o di una lepre che appiattata in un cespuglio scorge i musi ostili dei cani e non osa fare il benché minimo movimento? Ma lui non s'allontana: non scorge più in là orme di piedi e sorveglia nuvola e luogo. Un sudore freddo, stretta in quell'assedio, mi pervade le membra; da tutto il mio corpo cadono gocce azzurre; se sposto il piede, si forma una pozza; dai capelli cola rugiada e, in men che non ti dica i fatti, mi muto in sorgente. Ma il fiume nell'acqua riconosce l'amata e, lasciato l'aspetto virile che aveva assunto, torna ad essere quello che è, una corrente, per mescolarsi con me. Diana squarciò allora il suolo ed io, sommersa in ciechi baratri, giungo qui ad Ortigia, che mi è cara perché deve il suo nome alla mia dea e mi riporta alla luce del giorno."
cardif
Titolo: Re: Arethusa Mar 29 Dic - 0:57
Jacques Prévert
Le foglie morte
Oh, vorrei tanto che anche tu ricordassi i giorni felici del nostro amore Com'era più bella la vita E com'era più bruciante il sole Le foglie morte cadono a mucchi... Vedi: non ho dimenticato Le foglie morte cadono a mucchi come i ricordi, e i rimpianti e il vento del nord porta via tutto nella più fredda notte che dimentica Vedi: non ho dimenticato la canzone che mi cantavi
È una canzone che ci somiglia Tu che mi amavi e io ti amavo E vivevamo, noi due, insieme tu che mi amavi io che ti amavo Ma la vita separa chi si ama piano piano senza nessun rumore e il mare cancella sulla sabbia i passi degli amanti divisi
Le foglie morte cadono a mucchi e come loro i ricordi, i rimpianti Ma il mio fedele e silenzioso amore sorride ancora, dice grazie alla vita Ti amavo tanto, eri così bella Come potrei dimenticarti Com'era più bella la vita e com'era più bruciante il sole Eri la mia più dolce amica... Ma non ho ormai che rimpianti E la canzone che tu cantavi la sentirò per sempre
È una canzone che ci somiglia Tu che mi amavi e io ti amavo E vivevamo, noi due, insieme tu che mi amavi io che ti amavo Ma la vita separa chi si ama piano piano senza nessun rumore e il mare cancella sulla sabbia i passi degli amanti divisi
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Titolo: Re: Arethusa Mar 29 Dic - 8:09
Dei poeti citati nel mio post, Quasimodo è il più facile da commentare, perché è quello che con quei versi è più vicino alla storia e alla vita attuale, e concreta, e che proietta il proprio amore su uno schermo nel quale scorrono le immagini dei campi di sterminio nazisti. Il mito di Arethusa richiama - alla fine - le radici della nostra civiltà occidentale, europea, come fondamento di quel'amore che è diventato un nostro stile di pensiero che si snoda attraverso tutti i secoli della letteratura, fino ai romantici e ancora dopo, indelebilmente fino ai nostri giorni. Ma anche la brillantezza, il nitore adamantino di quei miti fondanti diventa "fumo d'ombra" - un inquietante lato oscuro - se non c'è un pensiero forte, un senso religioso del mondo a sostenerli.
Questa poesia non appartiene alle opere migliori di Quasimodo. Composta anni dopo i fatti della guerra, è rigida e in un certo modo rabbiosa, intrisa di amarezza. Ma proprio per questo ho pensato che fosse particolarmente interessante, in una rassegna articolata sul mito classico dell'amore.
Il brano più bello, cioè quello che io preferisco, appartiene alle Metamorfosi ovidiane, con il suo andamnto solenne e allo stesso tempo trepido e intenso. Una voce che attraversa il tempo, di una giovane donna di incantevole modernità, e dolcezza.
Interessanti anche i chiaroscuri pascoliani, che celebrano un altro dei topos poetici, qual è il momento del "ritorno", così carico di insopportabili attese da potersi attuare solo con l'oblìo momentaneo del sonno: tutti i versi sono racchiusi in un momento sospeso, come i remi "piangenti" dei rematori Feaci - rumori d'acqua, come acqueo è il mito della fonte Arethusa, e chi è andato per mare sa quanto lo sciabordio d'acqua, placida e finalmente amica, sia il miglior compagno del riposo, e simbolo d'uno scampato affanno.
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Titolo: Re: Arethusa Mar 29 Dic - 15:00
cardif ha scritto:
Jacques Prévert
. . . Ma la vita separa chi si ama piano piano senza nessun rumore e il mare cancella sulla sabbia i passi degli amanti divisi
(per Tessa) Il mare cancellerebbe anche i passi degli amanti che camminerebbero sempre mano nella mano, ma le onde che cancellano quelli degli amanti divisi fanno più notizia e più danno.
Rom ti ringrazio del commento.
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Titolo: Re: Arethusa Mar 29 Dic - 19:46
iafran ha scritto:
Il mare cancellerebbe anche i passi degli amanti che camminerebbero sempre mano nella mano, ma le onde che cancellano quelli degli amanti divisi fanno più notizia e più danno.
Rom ti ringrazio del commento.
Quel mare che cancella i ricordi è una forzatura poetica, in un quadro dalle molte sfaccettature, che rappresentano un solo e unico stato d'animo: una tristezza irrimediabile, che trasforma tutto nella conferma di una fine. Aver condiviso quella passeggiata è un ricordo che accomuna, è il ricordo che conta, non le impronte lasciate sulla sabbia, che se fossero state impresse in una terra dura sarebbero rimaste lì, fredde e, loro sì, morte assai di più delle foglie. In realtà, le foglie dai colori autunnali e il mare sono continuità di una vita, contrapposta alla fissità del ricordo: la commozione, la malinconia, la nostalgia sono quella mano che invocava lo stesso Prevert, in altri versi, per dare un senso a quello che abbiamo vissuto: Beaucoup plus tard au coin d’un bois Dans la forêt de la mémoire Surgis soudain Tends-nous la main Et sauve-nous.
Più tardi, chissà quando, comparendo nel bosco dei ricordi inaspettato,
tendici la mano e salvaci.
Ultima modifica di Rom il Mer 30 Dic - 12:01 - modificato 1 volta.
cardif
Titolo: Re: Arethusa Mer 30 Dic - 0:51
Commento pure io. Con tutto il rispetto per i grandi poeti che l'hanno ricordata, io la storia di Aretusa la vedo così. Una donna non accetta l'amore di un potente (il dio Alfeo) e per sfuggirgli viene trasformata in fonte idrica con i poteri 'femminili' della dea Artemide. Ma i 'superpoteri maschili' del dio Giove prevalgono perché trasformano Alfeo in fiume cosicché questi può attraversare un mare e raggiungere il suo scopo di 'possedere' l'amata. Poetico, certo. Ma c'è Giove e Alfeo contro Aretusa e Artemide. Io ci vedo prevaricazione dei poteri maschili, prevaricazione di un maschio su una donna. Non so perché Aretusa rifiutava Alfeo: era forse brutto, sporco e cattivo, prepotente e maleducato? Oppure in lei non scoccò la scintilla dell'amore? Né so se alla fine si innamorò del prepotente, pardon: pretendente... Se fosse stata colpita dal dardo di Eros e si fosse innamorata di Alfeo, va bene. Ma una storia di dominio così non mi piace.
Preferisco una amore come quello raccontato da Prévert.
cardif
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Titolo: Re: Arethusa Mer 30 Dic - 8:21
Citazione :
Una donna non accetta l'amore di un potente (il dio Alfeo) e per sfuggirgli viene trasformata in fonte idrica con i poteri 'femminili' della dea Artemide. ... Ma una storia di dominio così non mi piace.
Preferisco un amore come quello raccontato da Prévert.
Ma no, Cardif, sei troppo affrettato. Dopo aver pubblicato il primo post, qualcosa mi fece venir voglia, poi, di fare la battuta:"Sì, va be', ma Alfeo era uno stalker". Tu la metti, ovviamente, su un piano di maggiore eleganza - non sei un romano plautino come me, ma un calabrese che ha il senso del drammatico - ma il significato è lo stesso.
Possiamo rileggere tutta la letteratura di venticinque secoli, e l'intera mitologia classica, come se fossero pagine di cronaca bianca o nera, o reportage dal fronte: anni fa fu fatta una cosa del genere, su una bella rivista di storia, che arrivò perfino a impaginare gli articoli in "prime pagine" stile Corriere della Sera o Messaggero, articoli brevi, scritti benissimo, molto divertente, molto interessante. Ricordo la guerra di Troia e specialmente la campagna gallica di Cesare, raccontate con lo stile delle news, bellissimo esperimento. Altro giornalismo, diciamo pure. E nel corso dei secoli questo gioco intellettuale, di attualizzare all'epoca certi episodi, o certi miti, è stato fatto da molti autori: se vogliamo vederla sotto questa luce, tutta l'arte rinascimentale è un'attualizzazione dell'epoca classica, spesso piegata alle esigenze del momento, oltre che all'estetica e all'etica contemporanee.
Dall'800 in poi c'è di nuovo che l'attualizzazione assume forme sempre più minimaliste, in concomitanza con la moltiplicazione delle correnti culturali, e anche con la coesistenza di vari livelli di comunicazione: livelli che coesistono, ma si contaminano e s'intrecciano tra loro molto meno di quanto ci si possa aspettare.
Come vedi, nel '900 abbiamo un D'annunzio che riprende integralmente lo stile e l'etica classica, con uno speciale sguardo alla rappresentazione latina di Ovidio. Abbiamo Pascoli, che modernamnte sceglie la visione intimistica, incornciata di motivi classicheggianti puramnte ornamentali, dei quali il mito della Fonte Arethusa fa parte remota e totalmente storicizzata. Abbiamo Quasimodo, che del mito non dà una lettura diretta, ma lo inserisce in un pensiero critico estremamente complesso, dentro il quale possiamo ritrovare anche i rapporti di potere che tu dici - "ma anche la brillantezza, il nitore adamantino di quei miti fondanti diventa "fumo d'ombra" - un inquietante lato oscuro - se non c'è un pensiero forte, un senso religioso del mondo a sostenerli", dicevo nel mio breve commento.
Per connettere quei "rapporti di potere" con l'amore, nel modo che tu dici, dovremmo scendere dentro il concetto di "senso religioso" - il quale naturalmente non si riduce alle religioni canoniche vigenti e alle loro dottrine, è quasi inutile sottolinearlo.
Tuttavia, per rappresentare la complessità del tema, vorrei farti notare che anche la poesia di Prevert - se io fossi un romanziere - la potrei mettere sulla bocca di un don Rodrigo che avesse avuto la sua struggente storia con una Lucia, popolana piegata alle sue voglie - e se vuoi la faccio ancora più complicata, più realisticamente complicata, una storia di prevaricazione e di violenza morale, vista e raccontata dal "vincitore" di turno, che è capace di danzare con romantico struggimento abbracciato al fantasma indimenticabile della propria vittima - a quella parte di se stessa che la vittima gli ha concesso per il fatto stesso di esistere.
cardif
Titolo: Re: Arethusa Mer 30 Dic - 19:10
Ma certo. Quel mondo della mitologia greca è affascinante, pieno di dei che tanto spesso intervenivano nelle vicende umane. Pieno di miti e vicende fantastiche. Tanto per dire: Ifigenia che accetta stoicamente il sacrificio chiesto da Artemide al padre Agamennone per punirlo della sua vanteria di essere più bravo di lei. E che poi la stessa Artemide evita, salvando Ifigenia e facendone una sacerdotessa. E' un bel mito. O il mito di Orfeo e della moglie Euridice, morta per il morso di un serpente, che finisce con le Menadi che sbranano Orfeo perché, persa l'amata moglie, odiava tutte le donne. Perfino il mito di Icaro, della figlia Erigone e del cane Mera, alla fine trasformati in stelle per colpa di una bevuta di troppo. Anche questi sono miti accettabili per quello che sono: tragedie. Ma non c'è, in questi, quella prepotenza dell'uomo sulla donna che io ho visto nel mito di Aretusa. Non credo si tratti di attualizzare quel mito, che può essere apprezzato sul piano poetico. Ma credo anche che quella prevaricazione, se c'è, vada messa in evidenza e non 'mitizzata'. Certi valori non hanno tempo. E quello della parità di genere è tra questi. Secondo me, naturalmente.
Nella poesia di Prévert c'è un amore che finisce, quindi non è l'inno di un amore eterno. Però finisce in modo paritario e pure 'senza rumore', che non guasta.
Nota informativa: non sono calabrese. Mia madre era della valle dei Templi e mio padre di sotto il Vesuvio
cardif
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Titolo: Re: Arethusa Mer 30 Dic - 22:07
Caro Cardif, vorrei dire che il mito greco è una leggenda, non ha pretese morali. Nell'età eroica della Grecia comparve una popolazione che uguagliava per potenza gli Hittiti stessi , erano gli Achei,- molto diversi dai Pelasgo- Micenei,- che crearono il mito. E le leggende dell'eta' eroica ci suggeriscono sia le origini sia i destini del popolo acheo. Dovremmo qui chiedere aiuto agli archelogi e comprendere le tavolette hittite, per poter dissertare sul mito greco con esattezza. Tuttora noi viviamo questi miti, Ovidio li celebrò nelle Metamorfosi, li considerava la storia del cosmo , dell'universo, della natura, dell'umanita', essi sono giunti fino a Shelley, Keats che li hanno rinvigoriti con il loro genio, e poi fino a noi. Questi miti sono delle leggende, e basta, come ho detto prima, non hanno morale.
A proposito di Arethusa ti domandi come mai essa fuggiva da Alfeo, era forse , Alfeo, brutto o deforme? Ma no, fosse stato anche bello come il sole, essa fuggiva ugualmente, era una delle sessanta ninfe di Diana, ed erano tenute a essere caste, diremmo oggi che aveva prestato Giuramento di Castità, il giuramento non è uno scherzo, e poi Diana era una delle dodici principali divinità dell'Olimpo, non era una divinità ctonia qualunque.
Per tutti gli altri miti, che citi, serve un post a parte, un po' per volta. Ciao.
Ultima modifica di tessa il Gio 31 Dic - 12:49 - modificato 2 volte.
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Titolo: Re: Arethusa Mer 30 Dic - 22:34
Citazione :
Ma non c'è, in questi, quella prepotenza dell'uomo sulla donna che io ho visto nel mito di Aretusa. Non credo si tratti di attualizzare quel mito, che può essere apprezzato sul piano poetico. Ma credo anche che quella prevaricazione, se c'è, vada messa in evidenza e non 'mitizzata'. Certi valori non hanno tempo. E quello della parità di genere è tra questi.
Nota informativa: non sono calabrese. Mia madre era della valle dei Templi e mio padre di sotto il Vesuvio
Va be', ho fatto una media geografica, piazzandoti a metà strada - anche se, con mamma templare e babbo vesuviano potresti essere nato e cresciuto a Vienna, come a Sidney o Teheran.
Tanto per discutere un po', inter nos: la parità di genere è un concetto che stenta ad essere acquisito ancora oggi, e mi sembra lontanissimo dall'essere universale nel tempo e nello spazio. E credo che si riferisca più ai diritti che ai comportamenti.
Se dovessimo usare questa prospettiva, dovremmo mettere nella lista nera i nove decimi di tutta la letteratura - e nel decimo che rimane troveremmo sicuramente mille evidenze politicamente scorrette, che non hanno a che fare col sesso e con le donne, e tuttavia criticabili secondo la moralità attuale.
Tuttavia, nel mito di Arethusa non ci vedo la violenza maschilista, o comunque non mi sembra questo il fattore dominante e qualificante. Mi sembra invece di poterla definire una vicenda risolta in modo molto femminile: non c'è conquista, non c'è sopraffazione e nemmeno "penetrazione fallica", ma c'è scioglimento e metamorfosi, un vortice liquescente nel quale svaniscono gli attriti, e le forme stesse della sessualità maschile.
Per quanto riguarda Prevert, certo possiamo leggerlo nel modo più romantico e immaginare un amore abbastanza "paritario". Ma anche no. Come ti dicevo, non avrei difficoltà a mettere in bocca quelle parole a un "uomo padrone", che avesse amato a suo modo, cioè da padrone, una donna e ricordasse i tanti momenti della loro relazione: la sua padronalità glieli farebbe rivivere come paritari, cioè totalmente consenzienti, anche là dove non lo fossero stati. Anche una donna, costretta dalle circostanze a unirsi a un uomo non amato, può compiere tutti i gesti dell'amore, e perfino provare piacere nei rapporti sessuali: quell'uomo può rivivere tutto il tempo del loro rapporto con passione e nostalgia, e vedere ogni passato momento con i colori illusori di sentimenti solo immaginati. Per esempio, gli stessi poeti o gentiluomini "persi d'amore", che corteggiavano le loro Beatrici o le loro Francesche, quanto erano coscienti che certi amori erano probabilmente gli unici spiragli concessi da una condizione repressiva, da matrimoni infelici e coatti, per cui la "madonna" in questione prestava in realtà occhio e orecchio al primo maschio disponibile, o al primo che riuscisse ad arrivare a lei, concedendole una "evasione"? Quante foglie morte hanno ricoperto questi amori immaginari ...
cardif
Titolo: Re: Arethusa Gio 31 Dic - 12:35
Il tema del rapporto tra uomo e donna è così ricco di sfaccettature da prestarsi a tante e diverse interpretazioni e letture, in particolare in letteratura. E' proprio il tipo di discussioni in cui io non sono ferrato, perché consente di trovare tante ragioni per altrettante diverse opinioni. Ma, tanto per aggiungere qualcosa inter nos, a me manca un 'sì' da parte di Ἀρέθουσα per vederlo come un amore libero e consenziente. Il fatto che i corpi siano stati trasformati in liquidi non basta, secondo me. Del resto la metamorfosi di Aretusa è avvenuta per sfuggire ad Alfeo, e quella di Alfeo è avvenuta per possedere Aretusa. Resta il fatto che, nelle simbologia del mito, l'Alfeo-acqua pervade l'Aretusa-acqua senza il suo consenso, pare. E quindi sempre di violenza si tratta, anche se sotto mentite spoglie. E' la morale della favola, è l'idea che conta, secondo me. Nel mito i simboli sono importanti. E' solo un punto di vista, non l'unico né il solo giusto. Se tutti quei grandi poeti hanno apprezzato quel mito, un motivo ci sarà. E non è che io non lo voglia capire, però nel punto di vista mio qualche ragione pure ce la vedo.
Sulla parità di genere, direi che il rispetto per la libertà di un essere umano, o 'una essere umana', sia un elemento fondamentale che doveva, deve e dovrà valere sempre. Al di là e ancor prima che lo sancisse la Dichiarazione universale dei diritti umani all'art.1, scrivendo che "Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti....". Ἥρα non era tanto succube del fratello-marito Zeus. Credo che questo principio sia stato riconosciuto in quanto insito nell'essenza stessa della natura degli uomini sulla Terra, nel 'comune sentire' trasformato in fonte del diritto. Poi è chiaro che c'è la posizione minoritaria di chi pensava, pensa e penserà che il maschio è superiore; chi vorrà imporre il dominio sulla donna; ed è per lui che occorre una legge che lo costringa al rispetto.
A proposito del rispetto, c'è stato un bel battibecco tra Laura Boldrini e Roberto Simonetti della Lega Nord, che insisteva a voler dire 'Signor Presidente' mentre Boldrini chiedeva di dire Signora Presidente. Alla fine lei ha detto: "Se io sono il signor presidente lei è la deputata". Simpatica forma di difesa del genere femminile.
In ogni caso, sempre e comunque 'vive la différence' di comportamenti e sensibilità e quant'altro
cardif
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Titolo: Re: Arethusa Gio 31 Dic - 13:25
Caro Cardif, ma questo è un mito, questa è una leggenda, una fiaba, una narrazione, non è una favola che ha una morale, quasi sempre amara. Tu parli della Dichiarazione dei Diritti, parli quindi di Jefferson , e siamo al 4 luglio 1776, che è la Dichiarazione di Indipendenza dei 13 Stati Uniti, in cui si ha la prima formulazione dei Diritti dell'uomo ("life, liberty and pursuit of happiness, diritti alla vita, alla liberta', alla ricerca della felicità), siamo nel 1776, e gia' allora a molti non piacque questa dichiarazione dei diritti di Jefferson.E neanche adesso. Figuriamoci allora, alle falde del Sommo Olimpo, 1000 anni prima di Cristo, se una dichiarazione dei diritti dell'uomo, e una dissertazione sulla parità di genere, con trombette e cartelli in papiro, potevano essere accettate. Dai miei libri di mitologia risulta che fu sempre Artemide ( non Zeus, come tu dici) a tramutare Alfeo in fiume, d'altronde la ninfa Arethusa le era stata fedele, non aveva violato il voto di castità, probabilmente amava Orfeo, ma era vincolata, da un giuramento, alla castità.
Ciao, ti ringrazio perchè ci dici che ti facciamo compagnia, ti rinnovo gli auguri di Buon Anno, Che fai stasera, se non sono indiscreta? Ciao
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Titolo: Re: Arethusa Ven 1 Gen - 10:56
cardif ha scritto:
Ma, tanto per aggiungere qualcosa inter nos, a me manca un 'sì' da parte di Ἀρέθουσα per vederlo come un amore libero e consenziente.
Resta il fatto che, nelle simbologia del mito, l'Alfeo-acqua pervade l'Aretusa-acqua senza il suo consenso, pare. E quindi sempre di violenza si tratta, anche se sotto mentite spoglie.
"Ma il fiume nell'acqua riconosce l'amata e, lasciato l'aspetto virile che aveva assunto, torna ad essere quello che è, una corrente, per mescolarsi con me". Questo è il racconto che abbiamo dalla viva voce della protagonista, nei versi di Ovidio.
I poeti non si limitano a rendere in una bella forma le vicende delle quali si occupano, ma vanno al di là del loro senso immediato e apparente, e trovano le parole per una sintesi: è questa, la bellezza del pensiero, che spesso avvertiamo come bellezza della forma - quale forma, poi, tanto straordinaria, in versi dove le parole sono così semplici? Il senso che ci suggerisce il mito è quello di una sensualità privata della determinazione di "genere". La metamorfosi come cambiamento di stato, che trascorre dal maschile al femminile, e viceversa: l'acqua femminile, che diventa vapore maschile, e poi pioggia di nuovo femminile, e questa fiume nuovamente maschile, fatto di una femmina acqua che può mescolarsi con tutte le femmine acque, per le quali l'eventuale prevalenza dell'una sull'altra non è data dal genere ma dalla loro composizione, cioè dall'anima, dal carattere, dalla mente, o dalla bellezza dello loro trasparente semplicità: il fiume, l'acqua nella quale s'imbatte la ninfa provata dalla calura, cristallina al punto che si scorgono i sassolini sul fondo, e alla quale rimane attratta sensualmente, si tuffa, ne rompe l'incanto silenzioso. In questo caso è la bellezza stessa dell'acqua cristallina che diventa più di un "consenso", è un invito, che la bella Arethusa raccoglie, denudandosi e offrendosi alle carezze più intime di quella corrente.
Il Diritto deve schematizzare, facendo molti passi indietro, sacrificando la complessità e l'integrità in nome dell'efficienza. La grandezza e la forza della nostra civiltà - che a me piace chiamare tenacemente greco-romana - sta nel fatto che abbiamo rivestito di esoderma giuridico un corpo meravigliosamente consapevole della propria complessità, e una mente libera di trovare una verità in ogni apparente contraddizione.
Ultima modifica di Rom il Dom 3 Gen - 6:53 - modificato 1 volta.
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Titolo: Re: Arethusa Ven 1 Gen - 11:47
Caro Rom, bello cio' che scrive Ovidio, l'acqua è talmente limpida che si vedono i sassolini sotto ( li chiama calcoli, qui è meglio la traduzione italiana, sassolini), ma non sono d'accordo su cio' che scrivi" Le metamorfosi come cambiamento di stato", e che vuol dire? Stato solido, liquido, gassoso, sono queste le metamorfosi ovidiane? Certo tu puoi ribattere, è questo il forum. Io sapevo che Ovidio scrisse Le metamorfosi per celebrare il divenire dell'esistente, nella sua drammaticità, uso' il mito greco, ma parla di divenire, di tempo che passa, di illusioni spente, di morte che incombe. Se sbaglio, dimmelo. Ciao
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Titolo: Re: Arethusa Ven 1 Gen - 12:23
tessa ha scritto:
non sono d'accordo su cio' che scrivi" Le metamorfosi come cambiamento di stato", e che vuol dire? Stato solido, liquido, gassoso, sono queste le metamorfosi ovidiane? Certo tu puoi ribattere, è questo il forum. Io sapevo che Ovidio scrisse Le metamorfosi per celebrare il divenire dell'esistente, nella sua drammaticità, uso' il mito greco, ma parla di divenire, di tempo che passa, di illusioni spente, di morte che incombe. Se sbaglio, dimmelo.
Sbagli a cercare un'obiezione ad ogni costo.
Il "divenire" dipende dal soggetto, così come le possibilità del divenire di una forma dipende dalla materia di cui è fatto il soggetto. Il cambiamento di stato fisico è una delle tante possibili metamorfosi: per questo ho detto "metamorfosi [intese] come cambiamento di stato". Possiamo intenderle in molti altri modi, ovviamente.
Ultima modifica di Rom il Ven 1 Gen - 16:16 - modificato 1 volta.
cardif
Titolo: Re: Arethusa Ven 1 Gen - 13:00
Cara Tessa, mi hai spinto a fare una ricerca, e ti ringrazio. Il risultato è questo.
https://archeosiracusa.wordpress.com/2007/01/23/il-mito-di-aretusa-e-alfeo/ Qua c'è scritto di Aretusa: "Sentì che Alfeo stava per raggiungerla e violarla ... per paura di essere raggiunta sopraffatta e profanata, chiese protezione a Diana , invocando di essere trasformata in sorgente in un luogo possibilmente molto lontano dalla Grecia." Alfeo si disperò e allora "Giove l’onnipotente gli permise di raggiungere la sua amata, ma Alfeo dovette fare un grande sforzo, scavò un sotterraneo sotto il Mare Ionio e dal Peloponneso venne a sbucare nel Porto grande di Siracusa, accanto alla sua bella amata: Aretusa. Insieme vissero felici per sempre”. La conclusione è un po' in contrasto col fatto che Aretusa voleva sfuggire ad Alfeo, ma è un mito e va bene così.
http://www.blogsicilia.eu/il-mito-della-fonte-aretusa-di-siracusa/ Qua c'è scritto che "Alfeo allora chiese aiuto a Zeus, che, commosso dal suo profondo dolore, lo trasformò in un fiume che nascendo dalla Grecia e percorrendo tutto il Mar Ionio si univa all’amata fonte. La povera Aretusa nemmeno così potè liberarsi dell’indesiderato, insistente innamorato." Versione riportata su Wikipedia.
Col permesso di Rom (che penso me lo conceda ), data la bellezza del testo, riporto l'intero brano di Ovidio (Metamorfosi, V, 572 e seg.):
"Io ero una delle ninfe achee, e nessuna meglio di me pose le reti e amò le selve. Una volta ritornavo stanca dal bosco di Stinfalo. Era molto caldo e la stanchezza mi faceva sentire doppiamente la calura. Trovai un piccolo fiume e mi avvicinai: prima mi bagnai le piante dei piedi, poi entrai nel fiume e mi tuffai nelle acque. Mentre nuotavo sentii un sussurro. Spaventata raggiunsi la vicina sponda. 'Dove corri, Aretusa?' gridò Alfeo dal profondo del fiume. 'Dove corri?', ripeté con voce roca. Io cominciai a fuggire. Alfeo mi inseguì. Correvo come le colombe con le ali palpitanti sogliono fuggire l'avvoltoio: egli mi inseguiva crudelmente come lo sparviero suole incalzare le trepidanti colombe. Riuscii a correre fino a Orcomeno, a Psofide, a Cillene, alle valli del Menalo, al gelido Erimanto, nell'Elide, e Alfeo non era più veloce di me. Ma io, impari di forze, non potevo continuare a correre più a lungo; egli, al contrario, sopportava la lunga fatica. Infine, affaticata, estenuata, esclamai: 'Sono presa. Aiutami, o Artemide!' Si commosse la dea; prese una delle sue dense nubi e con quella mi coprì. Il fiume osservava la caligine che mi avvolgeva e, ignaro, mi cercava intorno alla vuota nube; due volte girò, inconsapevolmente, intorno al luogo dove la dea mi aveva nascosta, e due volte invocò: 'Aretusa! Aretusa!' Intanto un gelido sudore ricopriva tutte le mie membra, e da tutto il mio corpo cadevano cerulee gocce ... e più presto di quanto io non racconti il fatto, fui mutata in fonte. Ma il fiume riconobbe le acque amate e, deposta la forma umana che aveva preso, si trasformò nelle usuali onde, per mescolarsi con me. Artemide aprì la terra e io, immersa in oscure caverne, giungo in Ortigia, dove rivedo la luce".
Forse ci sono anche altre e diverse versioni di questo mito, anche abbellite ad uso turistico, come quella riportata qua: https://www.visitsicily.travel/arte-cultura/miti-leggende/aretusa-e-alfeo/
Non schematizzerei attribuendo alle sole favole il compito di avere una morale, intesa come insegnamento di un valore. Anche i miti, le parabole di Gesù, o molti romanzi ne hanno, secondo me. Il riferimento era alla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, approvata e proclamata dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948, anche se ha radici più antiche.
Iafran, sono d'accordo. Jotti, allora, non avrebbe dato importanza. Ma i tempi cambiano e cresce il desiderio delle donne di avere più riconoscimento, anche nelle forme. Non sappiamo se, ora, anche Nilde avrebbe preteso l'uso del termine 'Signora'.
E comunque: ri-buon anno a tutti cardif
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Titolo: Re: Arethusa Ven 1 Gen - 16:07
cardif ha scritto:
Col permesso di Rom riporto l'intero brano di Ovidio (Metamorfosi, V, 572 e seg.):
Il testo di Ovidio c'era già nel mio post, tale e quale - la traduzione era diversa, secondo me migliore, ma è un dettaglio.
I blog dei siciliani li possiamo anche lasciar perdere: se mi è concesso l'ardire, fare dei blog per ridursi a pubblicare meno di quello che abbiamo improvvisato noi in questo forum, è una ben povera cosa. Roba turistica, niente di più: questo sono capaci di fare ormai, niente più di questo, utilizzando il web. Il secondo blog, più misero del primo.
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Titolo: Re: Arethusa Ven 1 Gen - 18:54
Io, nel mito di Arethusa, e non solo in quello, ci vedo anche la necessità, per i maschi, di trasformarsi in qualcosa d’altro, per avere ragione delle seducenti fuggitive in cui si imbattono. Conservare le proprie forme virili non basta, occorre insinuarsi con soavità, come acqua cristallina, o pioggia d’oro, o cigno, come ad allontanare l’idea della violazione. “Graecia capta ferum victorem cepit” è la locuzione che , in qualche modo, illustra meglio la “cattura” di una nobile preda. Le donne, come la Grecia dell’epoca, sono destinate per loro natura ad essere prede, salvo ad imprigionare d’amore coloro che se ne sono impossessati. In fondo, l’unico modo per dimostrare di essere una nobile preda, è costringere il predatore a snaturarsi, a riconoscere che la vittima mantiene intatti i lacci con i quali lo ha costretto a desiderarla. Se Anteo è uno stalker, Arethusa è la falena dell’eterno femminino. Chi è il prigioniero più definitivo?
cardif
Titolo: Re: Arethusa Ven 1 Gen - 20:26
Rom ha scritto:
Il testo di Ovidio c'era già nel mio post, ...
Rom, avevo dimenticato il tuo post precedente e quindi mi sono riferito al tuo ultimo, in cui riportavi solo gli ultimi versi. Scusa. E sono d'accordo: versioni abbellite ad uso turistico; l'avevo scritto.
Volevo rispondere alla domanda di Tessa, sul perché avessi scritto che Alfeo era stato aiutato da Giove. Ho riportato quei link solo per dire che così vien detto da più parti e che c'è del vero nell'opinione che ho espresso sulla prevaricazione e sul tentativo fallito di fuga di Aretusa. In effetti nemmeno nella versione di Ovidio c'è un consenso di Aretusa, alla fine. Non ricordo come mi sono fatta quest'idea per la quale quel mito non mi piace, come ho scritto. Preferisco solo che ci sia consenso, senza sdolcinature. Né ricordo di aver letto che sia stata la stessa Artemide ad aiutare prima Aretusa a sottrarsi ad Alfeo e poi Alfeo a raggiungere Aretusa. Cosa che non capirei nemmeno, se non fosse che si tratta di racconti mitici.
Belli sono pure i versi di Ippolito Pindemonte in Dei sepolcri: "Quell'Aretusa, che di Grecia volve per occulto cammin l'onda d'rgento, com'è l'antico grido, e il Greco Alfeo, che dal fondo del mar non lungi s'alza, e costanti gli effetti, e dolci l'acque serba tra quelle dell'amata Teti."
(che poi Teti sarebbe la madre di Alfeo)
Del resto è solo un mito nato dalla presenza in Siracusa della fonte Aretusa, quasi a livello del mare; per giustificarne il sapore un po' salmastro per la mescolanza con l'acqua di mare, qualcuno, con grande fantasia poetica, ha immaginato che questo fosse dovuto alle acque del fiume greco Alfeo, nel Peloponneso. Cosicché Aretusa diventa ninfa e compagna fedele di Artemide; Alfeo diventa figlio di Oceano e dio del fiume stesso. E segue il resto del mito.