I genovesiTutt'altra situazione in quel di Genova, seconda città protagonista del fatto di cui stiamo narrando. Il Movimento Studentesco di ispirazione capanniana era quasi inesistente, mentre in alcuni ambiti della città dominava un gruppo non meno disciplinato e militarizzato ma ideogicamente contrapposto a quello milanese. Si trattava di
Lotta Comunista, di ispirazione leninista e che raccoglieva i propri aderenti fra i giovani dei quartieri operai del Ponente. Erano anch'essi facilmente riconoscibili dall'abbigliamento e dall'aspetto complessivo: capelli più corti, poche barbe ed un giubbotto militare tipo eskimo, mentre i dirigenti indossavano, sia pure con una sobrietà che sconfinava nella sciatteria, giacca e cravatta. Identica però l'espressione fiera ed accigliata di chi è cosciente del proprio ruolo rivoluzionario. Era uno spettacolo vederli marciare nei cortei col passo perfettamente sincronizzato come un vero esercito. In particolare, quando la strada faceva una curva, l'elemento che faceva da perno restava sul proprio posto battendo comunque il passo, mentre gli altri regolavano il proprio in modo che intera fila curvasse senza perdere l'allineamento.
Tanto zelo formale non prescindeva però dalla convinzione di rappresentare l'avanguardia mondiale del proletariato, quella che avrebbe portato al progresso ed alla pace fra i popoli. Ma qual era al momento il principale ostacolo sulla strada di un traguardo così ambizioso? Ovviamente gli stalinisti, considerati poco meno che alla stregua di nazisti, sentimento generosamente ricambiato.
Fu così che maturò l'idea audace ma temeraria di portare l'assalto nientemeno che alla fortezza nemica sita in territorio padano. Li confortava l'eredità spirituale di quei temibili portuali genovesi, alcuni dei quali militanti ancora nei loro ranghi, che nel luglio 1960 tennero in scacco la polizia per giorni.
Forse vedevano gli stalinisti milanesi come dei signorini figli di papà che giocavano alla rivoluzione, mentre loro sì che erano temprati al fuoco della battaglia. Fatto sta che l'assalto in forze alla roccaforte milanese effettuato con una cospicua traduzione di truppe da Genova fu condotto con armi lignee quali le solite aste delle bandiere. Troppo tardi gli incauti dovettero constatare la superiore durezza del metallo delle Hazet 36, col risultato che gran parte di loro tornò a casa con gli avambracci fratturati in più punti.
Per chi volesse trarre una lezione politica da questa storia, direi che appare dimostrato come lo stalinismo dei borghesi sia assai più pericoloso del leninismo operaio. Perlomeno nello scontro corpo a corpo fuori casa.
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Chi invece si aspettava di trovare in queste note un qualche contenuto minimamente letterario, o quantomeno divertente, che resti pure deluso. Non sono che appunti alla rinfusa provenienti da ricordi personali, senza altro intento o ambizione. E senza che vi sia alcun obbligo a leggerli.