Dopo l’uragano Katrina, New Orleans è stata la prima città americana a non avere più scuole pubbliche.
In quell’occasione, la distruzione degli edifici scolastici fu subito colta per smantellare il sistema pubblico e ripartire con le cosiddette charter schools, gestite dai privati.
Il business si muove velocissimo in questi casi, come successe con il business delle casette post-terremoto all’Aquila. E tutto capita senza troppe discussioni, perché la catastrofe giustifica la fretta e il cambiamento rispetto allo spettacolo delle macerie ancora calde.
Così sta succedendo in Italia davanti alle audacie istituzionali e all’’atteggiamento sbruffone di Renzi, succeduto ad un ventennio di sfascio nella pratica politica. Dopo le intemperanze della Lega e di Berlusconi, e i Vaffa di Grillo, cosa possono contare “i gufi” e i “rosiconi” di Renzi?
E, soprattutto, dopo la maturazione feroce di una crisi economica che viene da molto lontano, chiunque si fosse presentato all’orizzonte col piglio ottimistico dell’uomo nuovo che sa cosa fare, avrebbe avuto lo stesso speranzoso consenso.
Non c’è niente di personale nel consenso raccolto da Renzi, c’è molto di fiducia emergenziale, quella che si accorda anche ai soccorritori più scalcinati.
Solo la sua sospetta ostinazione per le riforme costituzionali possono eroderne l’immagine da commissario esterno, perché mal si combina con lo spettacolo delle vere emergenze per la popolazione.
Io non riesco ad appassionarmi al dibattito sulla riforma elettorale, anche perché sono convinta che non si riesca mai a leggere nelle pieghe degli effetti che piccoli commi di piccoli articoli riescono a produrre a vantaggio o a svantaggio delle parti. Le democrazie che vengono sempre citate ad esempio sono, in effetti dei pessimi modelli elettorali: maggioritari, con premi, e camere alte di stampo feudale, come la Gran Bretagna.
Quello che dovrebbe invece allarmare è questa diversione dall’economico all’istituzionale, dalle riforme che incidono sugli interessi reali e sul campo di gioco delle opportunità alla cornice del modello di stato.
E’ passato un anno, le macerie non sono più così fumanti, e tra un po’ l’elettorato si accorgerà di non aver ricostruito ancora nulla, neanche le scuole pubbliche che, forse, spariranno, come in Louisiana.